' Recensioni terebbe in luce quell'aspetto eponimo di Domani che - non è improbabile - può sfuggire a chi stia esclusivan1ente attento ai suoi segni del tempo. Ci sono infatti gli anni Trenta, non si fa davvero fatica a cercarli: « Sa che dicono le mie amiche? Che io somiglio a Norma Shearer. Perché adesso la bellezza dipende da un non so che. La bellezza d'una volta 110n co.nta più. È il carattere speciale di una donna ciò che attrae. Non e vero? E forse quelle donne famose erano delle dattilografe e delle piccole impiegate. Questo è straordinario. Ci pensa lei che in un lembo della Cina qualche ragazza imita Norma Shearer, si pettina come lei, atteggia le labbra come lei, e Norma Shearer era forse una ragazza qualunque, come me. Lei per esempio somiglia a Clark Gable. Lo conosce Clark Gable? » {pp. 58-59). E ci sono per il refrain di una canzonetta in voga, per « il tachimetro, coi suoi ondeggjamenti lenti, la sua oscillante ascensione ai 90, ai 110 chilometri» {p. 116), per i nuovi tessuti degli abiti - « sapeva che la stoffa si chiamava soie cirée » (p. 16) - per « l'orchestrina » del locale da ballo, per i capelli arricciati « a vapore, a elettricità, ad acqua », per i continui rinvii « come nei film », per tutto quello, insomma, che oggi chiameremmo il kitsch di una borghesia in piena tranquillità di potere. Ma lin1itare la validità del romanzo al mero documento di costume significa declassarlo; di più: equivale a fraintenderlo proprio nei suoi aspetti più evidenti di testimonianza alvariana. Si prenda, ad esempio, il brano or ora citato, quello con la Shearer e Clark Gable. Non ci vuol molto ad avvertire che per essere il discorso di una diciottenne su una spiaggia alla moda c'è troppa roba e, insieme, troppo poco; ovvero, a dirla più chiaramente, c'è un groviglio insolubile di comportamenti, riflessio,ni, parole, che rende o in1probabile il personaggio o esitante il giudizio dell'autore. Da qui, a parlare di fallimento, nell'una e nell'altra direzione, il passo è brevissimo. Ma il fatto è che se può non essere logicamente errata una tale conclusione lo è del tutto l'angolo prospettico da cui promana. Ci sembra questo invero un caso esemplare per verificare con1e un equo gjudizio debba essere aiutato dal ricordo di che cosa volle, seppe e poté essere l'Alvaro di quegli anni, della n1aniera con cui si pose di fronte ai vari generi letterari in auge, del valore polemico e complementare che ebbero per lui così spesso i contenuti « cittadini ». Anche però a non andare tanto lontano dalle pagine di Doniani, basta sottolineare come esse si collochino, per il materiale di cui si avvalgono, pressoché accanto a non poche di Cronaca (o fantasia), la sua prima schietta indagine di costume (del '34); nonch~ a certe sue note diaristiche di quel periodo, in cui, a tratti ossessivamente, egli sembra solamente attento a scorgere, con turbamento, l'incidenza cl1e ha sul comportamento della donna - dagli abiti che indossa alle sue esperienze erotiche - l'accelerato avvento di quella che allora appariva una società di massa. In Don1ani, per coglierne l'aspetto più rutilante, Alvaro si avvale di uno sguardo collettivo - la protagonista insieme al padre e alla madre - composito, contraddittorio fin che si vuole, ma con un forte denominatore di classe: « Per via si accorsero che era. cominciato il movimento del Ferragosto. Macchine e carri ar119 Bibliot caginobianco
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