Nord e Sud - anno XVI - n. 109 - gennaio 1969

I Essere socialisti è difficile · ha detto, è come una talpa; quando la talpa avrà corroso le strutture, il sistema capitalistico crollerà. Prima di muovere rilievi nei confronti di questa tesi, vorrei osservare, in linea generale, eh-e essa si innesta, sosta11zialmente, sul tro,nco del v•ecchio rifo1 rmismo italiano. Proviamo a rileggere - tenendo conto, ovv,iamente, delle diversità di scala ,dovute al settanten11io trascorso; e tenendo conto altresì della differenza, s1~l piano filoso.fico, che passa tra una imp·ostazione dialettica, quale è quella di Basso, e una concezione positivistica - le tesi sostenute da Filippo T'urati, -così come ce le propone Arfè ne'1la sua Storia del socialismo italiano 6 : « la vera azione socialista, la vera opera rivoluzionaria è quella che si fa ogni ,giorno nelle leghe, nelle cooperative, nelle amministrazioni comunali. È così che si dete,rmina l'erosione c'ostante e progressiva del pote·re effettivo, eco,nomico e politico, ,della borghesia; è così cl1e l'operaio eleva il grado delle proprie qualità morali e politiche, co-mpie il suo sforzo di autoeducazione, ... Ai sociallisti tocca il compito, di promuovere o,vunque la nascita ,degli istituti dell'autonomia proletaria ». E non è un caso, mi se·mbra, che Basso abbia lamentato che le masse non abbiano più quella che egli ha definito la« capacità creativa », richiamandosi, per l'appunto, alle leghe, alle cooperative e a tutte le altre forme dell'associazionismo operaio di un te1npo. Torniamo alle co,ncezione di Turati: « il processo di trasformazione delle vecchie strutture, di creazione di nuovi istituti, di elaborazione di nuove idee p:olitiche e nuove norme etiche a opera del proletarjato non può non portare al punto che il vecchio involucro diventa u11 ostacolo da a•bbattere perché il nuovo mondo possa esprimersi nella sua dompiutezza e nella sua pienezza ». È la teoria della talpa. Vediamo ora fino a che punto si possa accettare il discorso di Basso. Ci sarebbe anzitutto da dire che esso1 non si app1ica, se non in parte, alla situ,azion-e italiana, dove esistono larghe fasce di depressione e quindi alcuni milioni di sottoproletari e di contadini poveri, per i quali la possibilità di un'azione legata alla « partecipazione a11tagonistica » - ossia alla coscienza dell'integrazione co1 me fatto negativo - non si pone ,e non si porrà per parecchio temp:o. È possibile che, nel tempo ,lungo, il problema sollevato da Basso finisca con l'essere il problema di fondo, per una battaglia socialista moderna; mi sembra tuttavia sufficientemente provato che il « condizionamento » cui Basso si riferisce sia proprio della so6 G. ARFÈ, Storia del socialismo italiano (1892-J926), Einaudi, 1965. 21 Bibiiotecaginobianco

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