Nord e Sud - anno XVI - n. 109 - gennaio 1969

Antonio Pellicani · Wan,druszka vede anzitutto nella fisiocrazia una teoria progressiva che dà la p,reminenza all'agrjcoiltura, che rivendioa la libertà di commercio, che sostiene l'imposta unica. Egli finisce ·invece col trascurare una caratteristica essenziale delJa fisiocrazia: l'essere cioè il primo tentativo di analisi scientifica del progresso eco1non1ico. Da questo èrrore di prospettiva deriva la tendenza di Wandruszka a mettere in collegamento con la fisiocrazia, sulla base di alcune analogie con questa nella pratica politica,. uo1 mini come Rosemberg, che, pur essendo contrari ai tradizionali vincoli commerciali e favorevoli all'incremento dell'agricoltura, erano ben lungi dall'accettare il nucleo teoirico del pensiero fisiocratico. D'altra parte, il tentativo di incrementare l'agricoltura puntando sulla piccola conduzione contadina, tentativo messo }Il atto, benché senza successo, da Leopoldo, dal Gianni e, fino che fu in Toscana, dal Rosemberg, diversamente da quanto ritiene Wandruszka, è esatta1nente l'op1 posto della lin-ea fisiocratica. Ma l'inadeguatezza dell'accostamento di molti riformatori toscani alla fisiocrazia viene intuita dallo stesso Wandruszka, specialmente quando si tratta di spiegare la politica industriale del granducato, la quale appa~e in netto cont·rasto co1 n le direttive fisiocratiche. L'autore ten-de allora a ridimen,sionare la classificazione di Leopoldo sotto l'etichetta fisiocratica, definendolo « eclettico 1 »: egli impjiega così un termine che con troppa leggerezza è stato già in passato applicato ai riformatori toscani, e che invece non è ap1 plicabile né ai riformatori toscani né a chiunque altro, co1 me quelli, non sia un teorico dell'economia politica cl1e si vuol rendere ragione scientificamente delle leggi di sviluppo del sistema econ6mico esistente, ma sia invece un politico pratico, tendente essenzial1nente a risolvere problemi determinati di politica economica. Se passiamo all'esame dei capitoli dedicati alle riforme eco,nomiche toscane, troviamo che esse non sono state quasi affatto inquadrate nella situazione economica oggettiva. A proposito di questa, si riprendono anzi passivamente co1 ncetti ormai tradizionali, come la stagnazione dell'eco,nomia toscana sotto i Medici o il paras,sitario predominio della città sulla campagna, che proprio una biografia generale di Pietro Leopoldo avrebbe potuto contribuire a verificare. Né è stato visto sufficientemente il maturare delle riforme dall'interno della realtà toscana e attraverso una dialettica del gruppo dirigente, entro la quale si è inserita, ma non necessariamente in modo p•reo1rdinato, la meidiazio1 ne del sovrano. Le riforme ,sono viste, invece, come qualcosa che sce11de dall'alto; ciò spiega perché Wandruszka ne dà formulazioni sempl~cistiche, come là dove afferma che iil granduca ha distrib,uito la prop,ria terra ai contadini, senza tener conto che il sabotaggio burocratico, la pressione dei possidenti •- elementi essenziali della dialettica di classe nella realtà to1scana - ha,nno vanificato in gran parte le lodevoli intenzio,ni granducali. ·Di notevole impo:ritanz,a nell'opera di Wandruszka è lo sfoirzo per risolvere il problema, spesso sollevato, relativo alla p,retesa contraddizione tria Pietro Leopoldo come gran.duca riformatore e Leopoldo -II imperatore, il 106 Bibiiote'caginobianco

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