.. I Recensioni guenza, si rallentò ancor più il processo evolutivo dell'intera economia meridionale. Pochi anni dopo la nascita di imprese meccaniche a dimensioni artigianali, avvenuta intorno al 1840, l'arrivo a Napo,li di esperti industriali inglesi, come Thormas Richard Guppy e Giovanni Pattison - dei quali De Rosa sottolinea la profonda conoscenza tecnica acquisita in patria -, produsse un vero e prop,rio salto qualitativo della metalmeccanica napoletana. La loro officina, denominata Ditta Guppy & Co., già nel 1861 era considerata la seconda d'Italia, dopo esser passata in breve tempo dalla fabbricazione di chiodi alla costruzione ,di presse idrauliche e di caldaie. Progrediti erano anche altri opifici come quello Macry, H enry e comp. e lo stabilimento di Pietrarsa giudicato allo stesso livello dell'Ansaldo ·di Sampierdarena. La prosperità di cui godevano tali industrie era, però, in gran parte fittizia per l'alta protezione loro accordata. Una volta estesa con l'unità nazionale la tariffa sarda a tutt'I talia, le fonderie napoletane furono tra le più colpite del settore, dovendo accontentarsi di una tariffa daziaria di 5,75 lire al quintale ·di ferro importato contro quella di 19,25 lire che esisteva nel regno delle Due Sicilie. Allora anche le imprese meccaniche entrarono in crisi. Infatti, l'ordinamento tariffario imponeva dazi più alti sulle materie prime per proteggere la nascente siderurgia, insostituibile in caso di guerra, e più bassi - nella misura dell'l % - sulle macchine importate. S'impediva così alle i1mprese meccaniche nazionali di attuare una produzione concorrenziale, poiché sul prodotto finito incideva fortemente la tariffa sul ferro, per il quale bisognava in massima parte far ricorso ali' estero. Nel Mezzogiorno si procedette quindi ad una riorganizzazione: nello stabilimento di Pietrarsa fu sospesa la costruzione di rotaie e la ferriera fu acquistata da una nuova ditta con capitale della Macry, Henry e comp., la Società Nazionale d'Industrie Meccaniche, mentre il Pattison diede vita ad u.n proprio stabilimento. Le cause interne delle difficoltà di tali imprese l'autore le attribuisce alla generale arretratezza •dell'economia meridionale, che non consentiva loro una prospera esistenza. Mancava - anzitutto - un mercato d'industrie che richiedessero macchinari, né c'erano sul posto materie prime ,in abbondanza e manodopera qualificata. Inoltre, esse non potevano puntare, come al Nord, sulle forme preliminari di meccanizzazione dell'agricoltura, predominando nel Sud ancora il latifondo. Quanto invece al giudizio che De Rosa dà sulla politica governativa, è forse utile ricordare i termini della polemica intercorsa a quell'epoca fra liberisti e protezionisti circa il modo di concepire lo sviluppo industriale italiano. I primi avrebbero voluto che la nostra industria si rivolgess~ a quei settori del mercato non ancora coperti, come ad esempio la chimica. I secondi, che ebbero la meglio, improntarono invece la politica economica nazionale alla difesa tariffaria delle industrie di base, la siderurgia in primo lt1ogo, per fare in modo che l'Italia competes;se sui mercati europei con le 101 Bibii~tecaginobianco
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