Nord e Sud - anno XV - n. 99 - marzo 1968

.. • Rosellina Balbi non si identifica necessariamente con l'onestà intellettuale. La rinuncia che questi uomini di cultura fanno all'esercizio· costante dello spirito critico, anche e soprattutto all'interno delle loro :scelte,· è segno-, tutto sommato, di scarso• coraggio- e di non lucida coscienza. Certo, nulla è tanto scomodo quanto l'attenersi in ogni occasione ad una rigorosa indipendenza ed o,biettività del giudizio. Sempre più si tende, come dicevamo, a porre i grandi problemi in termini di alternative irriducibili, « o di qua o di là »; chi rifiuta questi termini, viene liquidato· nella migliore delle ipotesi come un isolato neo-illuminista. Che significa, rifiutare le alternative antitetiche? Significa, per esempio, essere consapevo1i delle storture della società, ma respingere il semplicismo di certe « vie della salute ». Riconoscere le responsabilità del colonialismo e i doveri del mondo occidentale nei confronti dei paesi sottosviluppati, ma rifiutarsi di mitizzare i regimi scaturiti da talune « rivoluzioni nazionali ». Amare sinceramente la pace, ma no11 temere di mettere in luce la futilità dei movimenti pacifisti. Prendere atto· della crisi delle ideologie, ma contestare la validità delle soluzioni « tecniche » per i problen1i dell'uomo. E così via. Non si tratta, dunque, di chiudersi in una torre d'avorio, di restare ai margini del processo· storico, di limitarsi alle prediche più o meno moralistiche (e inascoltate). Si tratta invece, senza sottrq,rsi alle scelte di fondo, di rivendicare il diritto ad esercitare in ogni mo-mento il proprio giudizio critico. Norberto Bobbio lo ha detto, molto bene: « non si deve confondere l'imparzialità con la neutralità. Per neutralità s'intende abitualmente un atteggiamento po1i~ico; per imparzialità un atteggiamento mentale. Perciò si può benissimo non restare neutrali, cioè mettersi da una parte piuttosto che da un'altra, mantenendosi fedeli al meto:do dell'imparzialità » 3 • E si servirà meglio, oltre tutto, la parte che si è scelta. Naturalmente, non mancherà chi giudicherà presuntuosa, o predicatoria, o individualistica, o semplicemente « borghese », una simile concezione dei doveri dell'uomo di cultura; qualcuno la considererà ad.dirittura controrivoluzionaria. La tesi di Mao_ è nota: Mao « mira ad instaurare una dialettica élites intellettuali-masse, fino alla scomparsa delle prime e, per così dire, alla intellettualizzazione delle masse » 4 • Ciò non solamente implica il principio della partiticità della cultura (principio, oltre che assurdo, reazionario), ma significa ridurre il ruolo dell'intellettuale a quello, puramente meccanico, di « trasmettitore di cultura ». 3 NORBERTO BoBBIO, Politica e cultura, Torino 1955. 4 EDOARDA MASI, Note sulla Rivoluzione culturale cinese, « Q·uaderni piacentini», n. 30, aprile 1967. 32 Bibliote·caginobianco

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