Giornale a . più voci blicato sul n. 69 del « Nuovo Osservatore », che « il nuovo dibattito sul Mezzogiorno si trova di fronte a condizioni di molto discoste rispetto al passato; esso' deve prendere coscienza del fatto che: a) vi è innanzitutto un Mezzo- .giorno che in parte ha perduto le caratteristiche tradizionali; b) l'azione pubblica nelle regioni meridionali dispone di una serie di strumenti più ampia ed articolata che negli anni 'SOe sono state poste le condizioni per un potenziale coprdinamento fra i diversi tipi di interventi; e) esiste un programma economico nazionale il quale ha posto (anche se non raggiunto) importanti obiettivi di sviluppo del Mezzogiorno; d) le condizioni generali di crescita dell'economia - e soprattutto dell'industria - del Paese sono- meno favorevoli o comunque richiedono sforzi pi11 intensi ». Si tratta di una diagnosi abbastanza rigorosa e eh-e non sembra facile ribaltare nei suoi presupposti, neanche da forze d'opposizione, che potranno magari avanzare riserve sui punti (b) e (c ), do1 ve la descrizione istituzionale si complica col giudizio politico, ma non potranno negare le constatazioni sub (a) e (d}, relative alle modificazioni intervenute nelle strutture del Mezzogiorno e alla necessità di sforzi più intensi per il perseguimento degli obiettivi d'una politica di sviluppo. . . Eppure, proprio queste constatazioni sono mancate nei discorsi pronunciati a Montecitorio il 19 dicembre; e sono mancate anzitutto n·el discorso del leader dell'op·posizione di sinistra. Sfrondando, difatti, il discorso di Giorgio Amendola da· ·tutte· le scaltrezze polemiche, vi si trova una tesi di fondo che è poi, nella sostanza, qu·ella stessa del 1950: la tesi, cioè, d'uno sviluppo del Mezzogiorno che prenda le mosse· dello sviluppo dall'agricoltura. E non a caso l'on. Amendola rivendica una rigorosa continuità tra le posizioni che il suo partito ha assunto; via via, nel 1950, nel 1965, nel 1967. Diceva diciotto anni or sono l'on. Miceli, interven·endo, il 23 giugno. 1950, nel dibattito parlamentare sulla legge istitutiva della Cassa: « Noi ci preoccupiamo dello sviluppo agricolo del Mezzogiorno non per condannare il Mezzogiorno ad un'economia agricola, ma per creare le condizioni per uno sviluppo industriale nel Mezzo·giomo ». Ribadisce l'on. Amendola il 19 dicembre 1967: « la nostra impostazione p·arte sempre dalla riforma fondiaria. È possibile documentare che, nel 1966, ·il 25 per cento del prodotto lordo dell'agricoltura meridion.ale è stato accaparrato dalla rendita fondiaria. Ecco una fonte di risparmio e di accumulazione che viene deviata da certi sviluppi per il tipo di appropriazione. Occorrerebbe, invece, porre mano alle grandi opere di valorizzazione delle risorse· meridionali; e noi insistiamo essenzialmente su quelle relative alle- acq11e ed alla difesa del suolo. Esse co~sentono un'occup·azione immediata -di--mano-dopera, a breve termine, ma creano .anche le condizioni per un insediamento a lungo termine, definitivo». Per i comunisti, quindi, ancora oggi il Mezzogiorno deve, anzitutto, ripercorrere la via tradizionale dello sviluppo economico, iniziando nel settore agricolo quel processo d'accumulazione che poi, se il loro discorso ha 1 una logica, trasformerà i propri effetti· -nel. settore n:idustriale, muovendo, magari, dalrindustria tessile p~r arrivare a quella siderurgica. , 49 B.iblio•ecaginobia~co
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