Nord e Sud - anno XV - n. 98 - febbraio 1968

Editoriale Per noi, tuttavia, il discorso più importante da fare sarebbe sempre quello dell'Europa: un discorso che, per quanto lo si faccia, merita sempre di essere ripreso; un discorso che ha aspetti molteplici e complessi; un discorso per il quale la scelta del criterio di giudizio è in sé difficile, ma è resa ancora più difficile dalla frequente confusione di elementi ed aspetti che sarebbe bene tenere distinti. Di questi elementi ed aspetti, la svolta della politica inglese decisa negli ultimi tempi dal gabinetto Wilson è certamente, tra quelli recenti, il più importante. È noto che, per effetto di questa svolta, la Gran Bretagna abbandonerà, tranne qualche non considerevole eccezione, le sue antiche posizioni imperiali ad est di Suez assai prima del previsto. Non è qui il caso né di discutere, né, più semplicemente, di accennare i fondati motivi per cui il governo Wilson ha dovuto fare la scelta che ha fatto. La situazione finanziaria inglese è anch'essa quella che è, ed è anch'essa ben nota. Ma quel che più vale la pena di chiedersi è se la nuova dimensione internazionale che da ora in poi verrà a competere all'Inghilterra avrà ripercussioni di particolare momento per quanto più in generale riguarda la posizione europea nel mondo. Innanzitutto, non v'è alcun dubbio che la riduzione di potenza decisa dal governo inglese provocherà una proporzionale diminuzione delle possibilità di ascolto dell'Inghilterra presso le due grandi potenze mondiali e presso tutte le altre medie e minori potenze. Si è già visto ciò in occasione del viaggio di Wilson a Mosca. Le speranze di esercitare una concreta funz~one mediatrice tra i due campi, e di influire in modo concreto e immediato presso il governo di Mosca a proposito delle questioni vietnamite, si sono rivelate illusorie. Altrettanto. si dica della parte di mediatrice e pacificatrice che la Gran Bretagna sarebbe stata ben disposta ad esercitare nello scacchiere medio-orientale. La cruda legge della politica internazionale è che meno si è forti, meno si conta. L'Inghilterra di vent'anni or sono poteva ancora. pensare di rappresen-· tare una « terza forza » mondiale, magari modesta, ma effettiva. E che non fosse una mera illusione lo si vide nella parte che essa prese alla sistemazione delle questioni indocinese e coreana nel 1953-54. L'Inghilterra di oggi non può più pensare questo. È possibile, perciò, dire che la riduzione di potenza dell'Inghilterra segni insieme un danno per l'equilibrio mondiale (da cui per tanta parte dipende la causa della pace) e una ennesima, ulteriore diminuzione della presenza autonoma dell'Europa nel quadro della politica mondiale. È, tuttavia, da credere che, se questi due aspetti negativi fossero bilanciati da una accresciuta possibilità inglese di partecipare al processo (ancora così debole, ancora così limitato al primissimo stadio 4· BibliotecaGino Bianco

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