• I Da Mack Smith a· Seton Watson della popolazione emiliana che si comportavano nel 1914 con altrettanta irresponsabilità che nel 1874, e si ab-bandonavano a violenze su scala molto più vasta, era un'esperienza che non poteva non indurre alla meditazione; era uno spettacolo che indubbiamente screditava la politica interna distensiva che Giolitti aveva adottato fin dal 1901. Ancor -più inquietante era il fatto che l'autorità dello stato fosse stata costretta ad abdicare in tanta parte del paese, e avesse ripreso il controllo della situazione soltanto con grande difficoltà. La 'settimana rossa' aveva rivelato che nel decennio trascorso si erano sviluppati, sotto gli occhi compiacenti delle autorità, 'uno stato socialista entro lo stato', e centri locali di potere socialista quasi dispotico. Anche di questo fu attribuita la responsabilità a Giolitti e al suo sistema, e l'intera struttura dell'I tali~ giolittiana fu messa in discussione» (op. cit., pag. 461). Mack Smith non è però soltanto l'autore sentenziosamente moralistico per il quale, in fondo, tutte le strade dell'Italia risorta conducono al fascismo; egli è anche lo storico che altera e sfigura in modo pernicioso (ai fini di quella seria educazione storico-politica che tutti auspichiamo per un pubblico più vasto) aspetti di· estrema delicatezza della storia dell'Italia liberale prefascista. Si consideri per esempio il problema dell'intervento nella I guerra mondiale: un problema sul quale, a onor del vero, le considerazioni fatte da Mack Smith risultano a volte di una banalità addirittura sconcertante (si veda per contro l'ampio e , liotecaginobianco soddisfacente sforzo compiuto da Seton Watson, pp. 481-19). E non si vogliono qui affro,ntare discussioni difficili e complesse su un problem.a di una difficoltà e complessità eccezionali. Si vuole qui fare soltanto un semplice riferimento a dati di fatto non proprio peregrini. Si può allora in sostanza scrivere e lasciar dire che la preparazione militare dell'Italia alla vigilia della guerra era così debole « che considerato retrospettivan1ente il suo intervento nel conflitto apparve avventato e irresponsabile »? E questo anche perché Salandra « aveva ritenuto possibile fare dell'Italia una Grande Potenza con poca spesa » ( op. cit., pp. 477-78)? Insomma, come si vede, per questa faccenda delle. spese militari i conti per Mack Smith non tornavano mai; ma la cosa più strana è che lo storico inglese, mutatis n1utandis, rivolgeva in fondo a Salandra le stesse accuse che i giornali salandrini avevano a suo tempo rivolto contro Giolitti e Spingardi, nella polemica sull'impreparazione dell'esercito divampata nell'ottobre '14 (si veda a tal proposito la difesa di Giolitti in Memorie della mia vita, l\tlilano· 1967, nuova ed., pp. 324-26; ma su tutto il pro-blema si rimanda al fondamentale volume di B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, Milano-Napoli 1966, pag. 695 sgg.). E non vogliamo poi qui ricordare .ancora la risibile tesi secondo cui la « setti, . mana rossa», con i saccheggi « dei mag_azzini e dei depositi militari, lasciò l'Italia ancor più impreparata di fronte alla prima guerra mondiale » (Mack Smith, op. cit., pa• gina 454)! 127
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