I Da Mack Smith a ·seton Watson bordo del Manouba di una trentina di ufliciàli della Mezzaluna Rossa debitamente travestiti. D'altronde « i sentimenti nazionalistici francesi erano stati feriti dalle concessioni ottenute dalla Germania in cambio della libertà d'azione della Francia nel Marocco, ed ora che questo territorio era assicurato e che l'amicizia italiana non era più tanto importante, l'Italia divenne un comodo capro espiatorio-. Il 22 gennaio Poincaré chiese perentoriamente il rilascio dei passeggeri del Manouba, e nel dibattito alla Camera francese i deputati sciovinisti sparsero. fiumi di eloquenza sull'insulto inferto all'onore della bandiera francese, mentre la stampa di Parigi, come scrisse Tittoni, esauriva « tutto il vocabolario del vilipendio». Barrère dovette battersi disperatamente per impedire che venissero distrutti dodici anni di paziente lavoro diplomatico, e lo stesso Poincaré si rese conto di essersi spinto troppo oltre e tentò di calmare gli animi esacerbati degli italiani» (Seto.n Watson, op. cit., pag. 439). Poincaré, beninteso, vorremmo però aggiungere, ribadì alto e forte che il governo della Repubblica avrebbe conservato a tutti i costi anche nel futuro la superiorità sull'Italia nel Mediterraneo. Volaro110 insomma parole grosse nella vicina Francia, e si, farneticò pure minacciosamente di allestire nel Mediterraneo, « mare francese», una flotta da guerra capace di affondare in quaranta minuti quella italiana. C'era anche, dunque, chi voleva fare per ma~e quello che Co·nrad, da parte austro-ungarica, intendeva attuare per terra, anticipando Bib-liotecaginobianco magari di qualche anno la sua famosa (e fallita!) Straf expedition. Non aveva poi tutti i torti il marchese di San Giuliano quando, a guerra mondiale iniziata, e sia pure in una prospettiva troppo angustamente « realistica » (non eccezionale del resto nell'Europ-a del tempo), confidava scherzosamente a Olindo Malagodi il 12 settembre 1914: « L'ideale sarebbe per noi che fossero battute, da una parte l'Austria, dall'altra la Francia» (0. Malagodi, Conversazioni della guerra, Milano-Napoli 1960, vol. I, pag. 20). In un punto del suo capitolo sulla guerra libica, Mack Smith mostrava meraviglia che « persino il savio e moderato liberale Giustino Fortunato, pur rendendosi conto c]1e l'Italia avrebbe potuto andare incontro alla rovina a causa di questo sforzo inutile e dispendioso », si rallegrasse « per quella che egli interpretò come la prima dimostrazione che l'Italia era finalmente uno Stato veramente unitario» (op. cit., pag. 431). Ma le parole vibrate e commosse di Giustino Fortunato avrebbero dovuto dire assai di più a chi avesse onestamente cercato di capire quale sia stato l'immane travaglio di coloro che si sentivano religiosamente eredi della scommes-• sa del Risorgimento: « Io voglio celebrarla, l'attuale guerra, so·prattutto per questo, perché, - ne sia stata l'autrice o la risvegliatrice - essa ci ha dato modo di farci finalmente certi di questo fatto, invano fino- .a pochi mesi fa invocato: che, se da un p•unto -di vista economico e sociale vi sono· sempre due Italie, . e ancora v1 saranno per un pezzo; di spirito due Italie non vi so,no 125
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