Tarcisio Amato pedire tale disastro » ( citato· da Langer, vol. II, pag. 752). La potenza navale francese nel Mediterraneo era in effetti veran1ente temibile, ma Brin, come lo stesso Seton Watso-n riconosce con obbiettività, riuscì genialmente a garantire all'Italia una limitata ma seria forza d'arresto al controllo francese di questo mare. È inutile dire poi come i timori di quegli uomini politici italiani che consideravano pericoloso che la P·enisola rimanesse l'unico paese del Mediterraneo privo di basi al di fuori del territorio, risultassero a Iv1ack Smith poco più che esagerazioni retoriche (pag. 203, op. cit.). E siccome dalla retorica all'imperialismo il passo da compiere è notoriamente assai facile, così « imp-erialistiche » diventavano ben presto .per lo storico inglese le affermazioni di coloro i quali « sostenevano· che l'Italia era costretta a condurre una politica estera più dinamica dall'avanzata dei Francesi in Algeria e in Tunisia, da quella inglese in Egitto ed a Cipro e da quella austriaca in Bosnia,. dato che l'equilibrio nel Mediterraneo veniva così alterato ai suoi danni » ( op. cit., p·p. 228-29). Tutto questo, intendiamoci, in un mondo qual'era quello ufficiale europeo, in cui il principio dell'equilibrio costituiva un indiscusso dog... ma. Sicché, q11ando Giolitti portò a compimento un faticoso nostro decennale lavorio diplomatico con l'occupazione della Libia, il savio Mack Smith mostrava compatimento per questa nuova avventatezza italiana, aggiungendo magari, a. giustificazione delle intemperanze verbali della stampa francese, « che la ,., 124 Bibliotecçiginobianco Frapcia aveva investito capitali in 'furchia e che l'Italia stava con poco tatto alterando l'equilibrio mediterraneo» (op. cit., pag. 434). Capito? Proprio quella Francia che andava nel frattempo da par sua provvede11do alla questione marocchina, dopo aver tacitato la Germania con la cessione di una modesta parte del suo Congo. E Mack Smith sorvolava ovviamente sul fatto ~he gli accordi Visconti-Venosta e poi Prinetti - Barrère degli inizi del secolo avevano vincolato le questioni libica e marocchina; anche se il troppo astuto Barrère, in un dispaccio segreto· .a Delcassé, aveva tranquillizzato i circoli dirigenti della Repubblica sulle concrete possibilità dell'Italia di trarre, da quegli accordi, sicuri vantaggi. « È poco probabile - aveva infatti scritto Barrère il 10 gennaio 1901 - che l'Italia s'induca a tentare un'impresa in Tripo,litania anche se noi c'impadronissimo del Marocco. Per iniziarla ci vogliono soldati, danaro, , una situazione interna intatta, buona volontà, e specialmente alleati, cose tutte queste che mancano all'Italia in questa grande questione» (citato da C. Morandi in La politica estera dell'Italia, Firenze 1968, pp. 294-95). Che dire poi degli umori e delle reazioni più o meno sconsiderate da parte francese p·er l'affare (cui Mack Smith fa un vago e impreciso accenno) del Manouba e del Carthage, e che pure incrinarono nuovamente in modo serio i ristabiliti rapporti italo-francesi? L'affronto sembrò insopportabile per una grande potenza come la Francia, anche se poi risultò certa la presenza a
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