Nord e Sud - anno XV - n. 98 - febbraio 1968

.. ., Da Mack Smith a Se ton Watson I mente serio suo collega britannico, al quale non sfugge mai lo sfondo europeo della politica italiana, tutto il problen1a si presenta assai me110 semplice. Scrive, infatti, testualmente Seton Watson, al quale certo non sfuggono i limiti e le carenze della politica crispina: « L'ostilità francese non era solo un prodotto dell'immaginazione di Crispi. La Francia· viveva in un'atmosfera di acceso nazionalismo, e solo con la scon1parsa di Boulanger, nell'aprile del 1889, svanirono i timori di un colpo di stato militare. Dal 1887 in poi, uno degli obiettivi fondamentali della diplomazia francese fu quello di distru.ggere la Triplice, costringendo l'Italia ad uscirne, e a questo scopo Parigi utilizzò ampiamente ogni strumento di pressione commerciale e finanziaria, e incoraggiò in ogni modo gli irredentisti della Estrema Sinistra, sperando così di danneggiare i rapporti italo-austriaci. -Contemporaneamente, la Francia accolse con favore le avances della diplomazia vaticana quando questa, dopo il 1887, si orientò decisamente verso Parigi. .. Leone XIII, pertanto, corteggiò la Francia, e questa sfruttò la propria influenza in Vaticano per creare difficoltà all'Italia ed indebolirla » ( op. cit., pp. 156-57). Un parere non difforme, dunque, da quello espresso a suo tempo, anche da un serissimo storico delle rela-· zioni internazionali quale W. L. Langer (L'Europa in pace, Firenze 1955, val. II pag. 762 sgg.). C'è da menar scandalo allora se, con una Francia che aveva Tolone, la Corsica e .adesso anche Biserta (e, sia detto tra parentesi, con una costa adriatica importuosa dinnanzi Bibliotecaginobianco alla frastagliata Dalmazia!), gli stanziamenti di bilancio per la marina da guerra impegnassero gravo-samente le risorse finanziarie del paese? « La politica di Brin in favore di maggiori spese per gli armamenti incontrò vasti consensi», rilevava con malcelato rimprovero Mack Smith, e aggiungeva saputamente: « vi erano soltanto pochi cinici che mettevano in dubbio l'utilità di questa bella flotta e ne sottolineavano l'alto costo » ( op. cit., pag. 245). Fortunatamente vi erano anche uomini come Benedetto Brin, che, assieme e attraverso la flotta da guerra, stava gettando le basi per la formazione di una grande industria siderurgica ~ meccanica (cfr. R. Romeo, Risorgimento e capitalisn-zo, Bari 1959, pag. 182 sgg.). E certo, questa era una conseguenza necessaria della legittima pretesa di avere un ruolo attivo nell'equilibrio di forze nel Mediterraneo. Onestamente non crediamo del resto che la classe dirigente italiana potesse accontentarsi soltanto delle garanzie britanniche; anche se l'autorevolissimo «Times», nel febbraio 1888. aveva ammonito severamente: « Se si dovesse presentare il pericolo e-be venisse inferto un colpo all'Italia, tale da distruggere la sua marina e da dare alla Francia una posizione incontestata nel Mediterraneo. sarebbe dovere dell'Inghilterra, per la sicurezza del suo impero e del suo commercio, nonché per il mantenimento dell'equilibrio europeo e per la conservazione di ttno stato cui noi siamo legati da vincoli di simpatia e di amicizia, di usare tt1tta la sua potenza per im123

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