Nord e Sud - anno XV - n. 98 - febbraio 1968

... Tarcisio A1nato fondo della Triplice? La risposta è semplice: « La principale soddisfazione che procurò all'Italia fu di costituire un rico-noscimento da parte delle Grandi Potenze ch'essa era del loro numero. Q·uesto desi;- derio di prestigio aveva un carattere essenzialmente psicologico ed era destinato... a pesare in misura eccessiva sulla politica estera e coloniale italiana » (pag. 199 op. cit.). E certo, la Triplice fu in parte anche questo! Mack Smith minimizzava però e sottovalutava (a parte Tunisi e quel che Tunisi significò sul piano interno e internazionale) le reiterate minacce d'aggressione da parte austro-ungarica; l'assillo costante della questione ro·mana che legittimamente turbava i sonni della classe dirigente italiana; le pericolose mene del Pontefice. e le prese di posizione più o meno interessa te che ieri a suo favore aveva assunto la Francia· conservatrice e clericale dei Thiers e dei Mac Mahon (e domani, dopo il ralliement, assumerà la Repubblica laica e laicista), ma che adesso, alla vigilia del trattato, andavano prendendo proprio gli Imperi centrali. La verità è allora invece che co·n la Triplice, come ricorda egregiamente Seton Watson avallando in sostanza le conclusioni della migliore storia-- grafia italiana, lo Stato unitario usciva da un pericoloso isolamento che lo metteva in balia di spregiudicate e potenti forze ostili (questa era in effetti l'ingrata situazione che Maék Smith velava parlando di una « libertà d'azione che costituiva una delle migliori carte dell'Italia »); che con la Triplice insomma la nazione italiana « no-n sarebbe stata più 122 Bibliotecaginobianco messa in imbarazzo dagli intrighi tedeschi o austriaci con il Vaticano, e avrebbe potuto affrontare con sicurezza le minacce francesi, dal momento che aveva ora due alleati impegnati a proteggerla» (~eton Watson, op. cit., pag. 134). L'onesto storico inglese non fa veli, dunque, sulle difficoltà e minacce che la Francia andò varia1nente ponendo al giovane Stato unitario: difficoltà e minacce che negli anni '80 e '90 destavano serie preocct1pazioni in cospicui settori dell'opinione pubblica italiana. E v'era magari fra noi anche chi, ossessionato dall'incubo francese, giungeva a dire che la vicina Repubblica stava ponendo all'Italia un drammatico « dilemma storico » che poteva essere risolto soltanto « da~- la sua sconfitta o dalla nostra rovina» (P. Turiello, · Governo e govern,ati in Italia, Bologna II ed. 1889-90). Come è noto, questo tema della « lunga, travagliata e spesso penosa storia dei rapporti francaitaliani dopo il '70 » (C. Morandi) ha trovato un'attenzione a volte forse trop,po- appassionata nell'opera di Volpe; un'attenzione che, come Valiani ha· recentemente ricordato, in verità con approvazione, non ha più trovato eco. nella nostra storiografia dell'ultimo ventennio. J Seton Watson ha invece la franchezza di ricordare certe poco gradevoli verità che una forse comprensibile pruderiè nostrana tende ad occultare. Mentre ad esempio infatti, per un Mack Smith, la gallofobia crispina ri~ultava al limite frutto di una « mania di persecuzione» (op. cite pag. 250), per il tanto più pacato e scientifica-

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