Nord e Sud - anno XV - n. 98 - febbraio 1968

Corrado Beguinot più numerosi. La seconda tendenza p,uò senz'altro essere riconosciuta co-me una caratteristica dell'attuale civiltà, in cui l'ottocentesca divisione del lavoro ha raggiunto, nel campo produttivo industriale, il livello-limite delle mansioni; mentre al livello terziario sempre più si va affermando 1 il con• cetto di una specializzazione delle competenze, e quindi della preparazione culturale e scientifica. Su questo tema, non poche, e autorevoli voci, già si sono levate; a nostro avviso, se è vero che sarebbe antistorico, e comunque inutile, opporsi alla esigenza di una preparazione scientifica specialistica, sarebbe però colpevole non cercare di colmare lo, iato fra « le due culture», l'umanistica e la scientifica. Anzitutto, specializzazione non coincide necessariamente con disinteresse per quanto si verifica appena al di fuori del proprio settore di interessi; anzi, il reale valore di una preparazione specialistica approfondita sta proprio nella sua capacità di inserirsi a livello interdisciplinare, in quel lavoro di équipe che, costituendo per così dire « l'altra faccia» della specializzazione, va anch'esso caratterizzandosi come una costante della nostra civiltà culturale. Ma prima ancora, perché si possa dare alla società, che ne ha crescente bisogno, dei veri tecnici e non dei tecnocrati, degli individui cioè capaci di essere i piloti « colti » di uno sviluppo tecnologico finalizzato verso un generale progresso sociale e non già fine a se stesso, occorre che in questi tecnici sia suscitata ed alimentata, nella scuola, una coscienza umanistica fatta di cultura aperta e sensibilizzata ai tanti problemi del mondo di oggi e di domani. In questi termini, la scuola diviene molto di più che una « palestra intellettuale », sia pure ad altissimo livello; essa si caratterizza come un polo culturale capace di esercitare una influenza immediata, e in prospettiva, sulla società alle cui richieste essa risponde. L'esigenza di conciliare umanesimo e scienza non è certo nuova, anche se tipica del nost~o tempo è la crescente difficoltà del compito. E tutta moderna è anche l'acuta consapevolezza, e della esigenza e delle difficoltà; una consapevolezza che viene immediato di contrapporre alla spontanea e tradizionale « multiformità d'ingegno ». Attraverso questa consapevolezza, sono maturate e maturano, nella Facoltà napoletana di Ingegneria, una serie di scelte strutturali, e una serie di iniziative, volte ad operare nella direzione del coordinamento interdisciplinare da un lato, e dall'altro lato dell'apertura più sensibile verso i problemi della cultura senza aggettivi. Dalla lettura dell'attenta storia che Giuseppe Russo ha tracciato per la Scuola d'Ingegneria di Napoli, si trae, oltre alle considerazioni brevemente accennate, una comp,lessiva fiducia per il futuro. Questo documento, infatti, se interpretato in termini di storia e di critica, delinea essenzialmentè il contributo che la Sc\lola ha dato allo sviluppo del paese, a tutt'oggi; nei momenti di -prosperità, come nelle difficili e angosciose circostanze, ad esempio, dell'ultimo dopoguerra. Apporto determinante, fecondo in termini operativi, anticipatore in termini di cultura. Se ne trae, in piena legittimità, l'auspicio del contributo futuro. L'Italia vive ancora, oggi, il difficile travaglio di una profonda trasformazione socio-economica, con la quale si avvia al definitivo 118 Bibliotecaginobianco

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