I Note della Redazione Naturalmente alle Regioni dovrebbe spettare il diritto di proporre progetti e di esprimere pareri sui progetti in discussione; ma le decisioni ultime dovrebbero rimanere di competenza degli organi centrali dello Stato (ai quali dovrebbe competere anche l'identificazione delle aree del Mezzogiorno qualificabili come aree di sviluppo globale - e magari, all'interno di queste, dei cosiddetti poli di sviluppo - e delle zone da destinare a parchi nazionali). Già le opere del secondo tipo potrebbero, però, rientrare nella co1npetenza delle Regioni; e comunque, problemi come quelli dell'assetto territoriale, della valorizzazione agricola, della viabilità, della pron1ozione turistica, dell'istruzione professionale, dell'assistenza sanitaria ed ospedaliera non possono essere affrontati dal Programma Econon1ico Nazionale se non per grandi linee. Di qui la considerazione che gli specifici co1npiti della programmazione regionale devono essere ben distinti da quelli della progra1nn1azione macro- . economica. Lo scopo della progranimazione regionale è in definitiva quello della più intensa e più razioriale valorizzazione delle risorse locali mediante la promozione ed il coordinamento di iniziative che per la loro natura e per la loro scala non potrebbero essere assunte direttamente a livello superiore, di governo centrale. D'altra parte, i piani regionali, o schemi regionali di sviluppo, dovrebbero costituire il quadro di riferimento non solo dell'attività degli organi regionali, ma anche di quella degli organi centrali, incaricati di progettare ed eseguire le opere di rilevanza nazionale o internazionale di cui si è detto. In altri termini, una volta decisa dal centro la realizzazione di un'opera del primo tipo fra i quattro classificati, ed una volta decisa la sua localizzazione di massima, spetterebbe poi al piano regionale di precisare i vincoli da rispettare nell'esecuzione di quest'opera, la sua ubicazione specifica e quelle forme di integrazione con l'economia regionale che siano capaci di massimizzarne, carne suol dirsi, i benefici. A questo punto, però, va rilevato che molto più complesso si presenta il problema del riassetto amministrativo che potrebbe permettere un effettivo svolgimento delle funzioni che nel nostro schematico discorso abbiamo assegnato alle Regioni. Attualmente, gli interventi per le infrastrutture rientrano in gran parte fra le competenze degli organi centrali, A1inisteri, aziende autono·n1e, imprese pubbliche. A noi sembra, quindi, che ci si debba proporre questo obiettivo: fermo restando un ordinamento centralizzato per le imprese pubbliche e per alcune aziende autonome (Ferrovie dello Stato, per esempio) e fern1a restando la responsabilità degli organi centrali, dei Ministeri, per quanto riguarda le decisioni ultime relative alle opere di rilevanza nazionale o internazionale, tutte le· .altre attività relative alla politica delle infrastrutture dovrebbero pa~sare alla competenza delle Regioni e con esse i relativi stanziamenti. Ci rendiamo conto naturalmente che questa opinione è magari troppo audace per non essere temperata dall'accettazione di tutte le raccomandazioni di gradualismo e magari di cauta sperimentazione che si volessero fare. Ma il sia pure graduale trasferimento alle Regioni di certe funzioni ci sembra 35 Bibii·otecaginobianco
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