' Il Potere in Italia I affermata sulla rovina pressoché totale delle preziose autonomie locaU. Né d'altronde più fortunate erano state le più recenti vicende costituzionali in Francia. Quivi la drammatica esperienza rivoluzio·naria di un esecutivo regio in guerra civile con l'assemblea ,prima e dell'onnipotenza dell'esecutivo giacobino poi aveva potentemente contrib·uito a nutrire la tradizione politica francese di diffidenza nei confronti dell'esecutivo; e .successive non più fortunate esperienze la spingeranno fatalmente a legare sempre più la libertà alla debolezza dell'esecutivo. Evoluzione, si diceva, dello statuto nel senso del regime parlamentare. Ma quali sono state, secondo Maranini, le caratteristiche di questo regime? La tesi centrale di questa Storia del Potere in Italia, già abbozzata, del resto, qualche anno fa in altri lavori (si leggano, ad esempio, talune pagine della Costituzione che dobbiamo salvare o della introduzione al Tiranno senza volto o anche della Repubblica, Firenze Vallecchi 1965) ma svolta qui indubbiamente con maggiore ampiezza, è che in Piemo·nte prima ed in Italia poi, non vi fu n1ai un sano regime parlamentare. Regime «pseudo-parlamentare » definisce infatti Maranini la forma di regime dominante in Italia sino alla crisi del prin10 dopoguerra: « regime pseudo-parlamentare piuttosto che parlamentare, a causa della mancanza di una sicura maggioranza ~ di un'opposizione adeguata alla dinamica del vero regime parlamentare; a causa della perenne incertezza sulla sede del vero centro di gravità del potere, ora attratto· dalBibl'iotecaginobianco l'assemblea, ora captato dal prin10 ministro ». Il termine di confronto che spinge Maranini a pronunciare un siffatto giudizio su tutto l'arco dell'esperimento costituzionale liberale italiano non è, come egli tiene a chiarire, un astratto ed arbitrario prototipo di governo parlamentare frutto delle astrazioni razio·nalistiche di qualche giurista, ma il prototipo storico inglese. L'Autore insomma riprende qui, in sede di valutazione storica, la sua nota tesi, più sopra ricordata·, della inderogabile necessità, per il sano funzionamento del governo parlamentare, di una legge elettorale la cui dinamica spinga nella direzione dell'aggregazione delle forze politiche e dunque del bipartitismo. Il segreto della vitalità delle istituzioni parlamentari inglesi risiede · infatti, a giudizio di Maranini, nell'articolazione bipartitica delle forze politiche e sociali; e questa non è un dono della Provvidenza, né una misteriosa ed inafferrabile prerogativa delle isole britanniche, ma, più semplicemente, nient'altro che un effetto quasi inesorabile del sistema elettorale imperniato sul colleggio uninominale a maggioranza semplice. <~ Dove - egli scrive - la legislazione elettorale sospinge al biparti, tismo e promuove la coesio,ne spo-ntanea di grandi partiti (uniti intor-• no al loro leader parlamentare, governati più o meno dal loro gruppo parlamentare, ordinati prevalentemente sulla base di gerarchie parlamentari e non sulla base di gerarchie di funzionari) il leader del partito vittorioso ha la sua maggiorama sicura in parlamento e non è costretto a tentare imprese co,n121
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