Ettore Cuomo ... burocrazia di partito». (Cfr. Miti e realtà della democrazia Milano, Comunità 1958, pgg. 222-223). Abbiamo fatto questo cenno, al Maranini polemista e critico talvolta persino im.pietoso della democrazia italiana di oggi non solo perché certe tesi a lui particolarmente carè e svolte ampiamente altrove (cfr. oltre il già citato Miti e realtà della democrazia, La costituzione che dobbiamo salvare Milano, Comunità 1961 e Il tiranno senza volto Milano, Bomp,iani 1963), rito,rnino qui, anche in questa Storia del Potere in Italia e delle quali bisognava pur rendere conto; quanto perché, crediamo, nel Maranini polemista, nel Maranini testimone appassionato dell'attuale esperimento costituzionale, sia da ricercare la genesi di questa storia. « L'autore - si legge nell'avvertenza - è fra coloro che non coltivano gli studi storici né quelli giuridici e politici per mero amore di erudizione »: ed in effetti uno studioso che vive con così intensa e diremmo anche sofferta partecipazione e civile passione questo secondo esperimento di democrazia liberale in Italia non poteva, prima o poi, no•n essere stimolato, dagli ·stessi inquietanti problemi di oggi, ad indagare le fortunate o men fortunate del primo grande esperimento liberale italiano. Lo statuto albertino, ·da cui Maranini p•rende le mosse, istituiva, come è noto, un regime di monarchia costituzionale, in cui il potere esecutivo rimaneva nelle mani del re: esso appariva sostanzialmente modellato sulla costituzione francese del · 1814. Ma, come l'Autore dimostra, nel 1848 quella costituzione apparteneva già « alla preistoria del120 Bibiiotecag inobianco la rivoluzione liberale europea >>. Scrive infatti Maranini: « L' esperienza storica che in quei primi anni di difficile collaudo dello statuto era dinanzi : ai lib'erali italiani e dallR quale essi non po~evano non essere influenzati, era di gran lunga più avanzata rispetto allo statuto e si sintetizzava in realtà nel ruolo formale della monarchia, nell'autorità politica prevalente della camera bassa, anzi addirittura necessità della fiducia della, camera bassa e di essa sola p-er la sop·ravvivenza del governo, democratizzazione del corpo elettorale attraverso progressivi allargamenti di suffragio». Insomma suggestioni esterne non meno che le necessità stesse della rivoluzione nazionale italiana rendevano impossibile un'attuazione dello statuto secondo il suo testo letterale e premevano invece verso una interpretazione e una prassi parlamentaristiche. Ora, seco·rtdo Maranini, non solo lo statuto, ma tutta la -prassi costituzionale piemontese e poi italiana, nascono sotto cattiva stella: n~l vuoto· di' una arginale meditazione politica italiana sui grandi problemi dell' organizzazio•ne istituzionale della libertà, grandeggiava, innanzi ai liberali italiani, il mito della Francia, di una Francia che, come l'Autore dimostra, aveva assai male tradotto sul continente i complessi eqµilibri costituzionali inglesi. Laddove infatti in ln·ghilterra « i privilegi che Giovanni senza Terra aveva giurato ai baroni vittoriosi » erano sopravvissuti, dilatandosi progressivamente « fino a diventare i privilegi di ogni cittadino britannico», in Francia l'opera unificatrice ed accentratrice della monarchia s'era
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