Nord e Sud - anno XV - n. 108 - dicembre 1968

... Calogero Muscarà del mondo di do,mani: il processo· di urbanizzazione e la ricerca· ·di nuovi equilibri politici, eco-no,mici e sociali a scala internazionale. In una p,rospettiva di tale im,p-egno, non faremo co1 lpa a Geo1 rge di orecchiare qua e là tesi cl1e sono ormai smentite da t1na critica politica disincantata e attenta più alla realtà che alle ideologie. Ma non ci sentiamo di lasciar correre a:ffern1azioni e giudizi come quelli che è dato, di leggere a proposito delle difficoltà cl1e si fra,ppongono all'unio,ne politica dell'Europ·a occidentale. Anche se si scrive nel 1965, non è lecito dire che « la Gran Bretagna avrebbe certo interesse a p,a,rtecipare a un'economia euro,pea ben organizzata e unita, ma non è disposta a entrare senza porre delle condizioni al l\tlercato comune»; non è lecito approfondire i termini del travaglio· dell'economia e della società b,ritanniche e contemporaneamente trascurare dì mettere in evidenza la posizio,ne della Francia di De Gaulle circa l'arnmissione del Regno Unito alla CEE. E sarà ben vero che sulla scelta di un'Europa unita grava l'ipoteca « di una superio,rità affermata dallo Stato, pit1 favo,rito per posizione, risorse naturali e forza di iniziativa e di creazione», che nell'Europa continentale è lo Stato tedesco, ma no11 si può anche in questa occasione dimenticare il tentativo francese di app·rofittare della contraddizione in cui si dibatte la politica della Germania occidentale, stretta tra il problema della riunificazio,ne telesca e la necessità di uscire dall'isolamento nazionalistico. All'Europa 11nita non guardano solo gli Stati che « per la lo,ro posizione, per la loro tradizione economica, e per l'eccedenza di mano d'o,pera, già seguono un'economia aperta come l'Italia, i Paesi Bassi e1 in misu,ra minore, il Belgio». Se la sp·iegazio·ne delle difficoltà che incontra l'unificazio,ne del1' Euro·pa vuol essere i11 chiave prevalentemente economica, ricorderemo infatti come l'Italia vi abbia aspirato da molti anni e anche quando,, nel primo dopo1guerra, non poteva certo dirsi ad economia aperta ma, tutt'al più convinta dei danni dell'economia chiusa, come ha di11:1ostrato il Clo,ugh (CLOUGH, Storia dell'econon1ia italiaria dal 1861 ad oggi, Milano, 1965). E in ogni caso1, anche se per i paesi ad econo-mia chiusa l'aspirazione ad entrare nell'Europa unita si ·p·one più come una scelta di p·olitica economica che no11 come tendenza spontanea, non è vero il contrario e cioè cl1e i paesi ad economia aperta debbano necessariamente imbo.ccare la strada dell'unificazione europea: Svezia e Svizzera ne so·no la dimostrazione più -evidente. Più cl1e di economia chiusa e di ~co,nomia aperta bisognerebbe parlare, e Servan Schreiber ha dedicato all'argomento pagine che si ricordano, di paesi ad economia che tende alla co·mpletezza (come la Francia ap·punto) e di paesi che hanno imboccato la via della sp·ecializzazione e dell'integrazione eco·nomica (J. J~ SERVANSCHREIBER, Le défi americain, Paris, 1967; trad. ital. Etas Kompass, 1968). Un'altra affermazione di George ci sembra debba essere rettificata, ed è quella che si riferisce alle differenze che la diversa projprietà dei mezzi di produzione comporterebbe sull'eco-no~nia degli Stati Uniti e su quella dell'Unione Sovietica. Meno semplicisticamente, e co·n l'attenzione rivolta più alla realtà 104 Bibliotecagino~ianco

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