Nord e Sud - anno XV - n. 108 - dicembre 1968

Marinella Balestrieri Terrasi che abbiamo illustrato fino ad ora, presuppone infatti che la scelta degli obiettivi generali del sistema rispecchi· effettivamente una volontà collettiva, di fronte alla quale è lecito accettare determinate decisioni sul pia110 settoriale e regionale. In realtà il mec~anisID:o di funzionamento dello Stato moderno in mo-lti paesi è tale che gli obiettivi di sviluppo vengono imposti dagli operatori economici piuttosto che d-eterminati dallo, Stato tenendo- conto delle aspirazioni delle diverse co,mpone·nti del sistema. In queste condizioni è opinione di molti che una gestione accentrata della politica economica non sia più valida e che sia opportuno indirizzarsi verso. alcune forme di deoentramento di cui la pianificazione regionale sarebbe un esempio. Nell'ambito 1 regionale, infatti, si dovrebbe realizzare una maggiore partecipazione dal basso alla formulazione degli obiettivi, proprio in conseguenza del raggio territoriale di intervento più limitato; e nello stesso tempo le componenti regionali del sistema riuscirebbero, ad esplicitarsi completamente. Sarebbe certo più difficile agli operatori economici imporre gli obiettivi di sviluppo in regioni dove l'attività economica è scarsa o dove, comunque, l'urgenza dei problemi locali riceve una attenta considerazione. Questa tesi, sostenuta dal gruppo promotore del convegno nella relazio-ne di apertura, è stata ripresa dal prof. Lombardini il quale ha parlato di impostazione dialettica della pianificazione. ,< Al modello di pro-grammazione quale appare quando si fa rif eri~ mento alle realtà sto-riche che sembrano emerge~e dagli· sviluppi delle economie industrializzate (capitalistiche e collettivistiche) - ha detto Lombardini - si può contrapporre un altro modello che sottragga la d1inamica dei valori culturali, strettamente collegati al modo con cui si manifestano, e si soddisfano i consumi, all'influenza delle decisioni aziendali che è decisiva nelle economie capitalistiche e che minaccia di assumere un peso crescente, e forse un giorno decisivo, anche nelle economie collettivistiche ». Questo diverso modello di programmazione può nascere dal tentativo di correggere alcuni squilibri che l'attuale sistema ha provocato, tra cui quelli territoriali e quelli relativi alla struttura d-ei consumi. P'ro,prio nel momento in cui• si vogliono affrontare questi problemi, può nascere infatti la consapevolezza, . da parte dei iavoratori o delle regioni, del legame che unisce ·certi obiettivi con un certo tipo di sviluppo, e la conseguente decisione di fare cambiare alcuni obiettivi ~l sistema. L'impostazione dialettica della programmazione comporterà l'esistenza di una programmazione regionale come programmazione autonoma. Le amministrazioni locali dovranno, infatti, concorrere direttamen te alla formazione degli obiettivi, oltre che svolg_ere opportune 96 Bibiiotecag inoqianco

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