Nord e Sud - anno XV - n. 108 - dicembre 1968

.. Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Giuseppe Barillà, La fabbrica del dissenso costruttivo - · Giorgio La Malfa, Disoccupazionee progresso tecnologico - Rosellina Balbi, Il "sicario" di Atene e il teppista di Napoli - Antonino Portale, Il "factoring" nella pol,'tica di s·viluppo e scritti di Marinella Balestrieri Terrasi, Aldo Canonici, Dino Cofrancesco, Ettore Cuomo, Ugo Leone, Ernesto Mazzetti, Calogero Muscarà, Carlo Perone Pacifico. ' ANNO XV - NUOVA SERIE - DICEMBRE 1968 - N. 108 (169) , EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI ,, Bib.liotecaginobianco

LIBRERIE PRESSO LE QUALI È IN VENDITA LA· RIVISTA TORINO Libreria PARAVIA Via Garibaldi, 23 l\'IILANO Libreria FELTRINELLI Via Manzoni, 12 Libreria FIORATI Francesco Piazzale Baracca, 10 Libreria S. BABILA Corso Monforte, 2 VENEZIA Libreria CLUVA S. Croce 197 VERONA Libreria SCIPIONE MAFFEI Galleria Pellicciai, 12 TRIESTE Libreria PAROVEL EUGENIO Piazza Borsa, 15 BOLOGNA Libreria FELTRINELLI Piazza Ravegnana, 1 Libreria NOVISSIMA Via Castiglione, 1 Libreria PAROLINI Via Ugo Bassi, 14 FERRARA Libreria TADDEI Corso Giovecca, 1 MODENA Libreria RINASCITA Piazza Matteotti 20/1 FIRENZE Libreria degli ALFi\NI Via degli Alfani, 84/86 r Libreria DEL PORCELLINO Piazza Ivlercato Nuovo, 6/7 r Libreria FELTRINELLLI Via Cavour, 12 Libreria MARZOCCO Via Martelli, 22/R Bibi iote~ag inobianco PISA Libreria VALLERINI Silvano Lungarno Pacinotti, 10 SIENA Libreria BASSI . Via di Città, 6/8 VIAREGGIO Libreria GALLERIA DEL LIBRO Viale Margherita, 33 PERUGIA Libreria LE MUSE Corso Vannucci, 51 ROMA Libreria ADRIANI Via del Tritone, 194 Libreria AI DIOSCURI Via del Corso, 293 Libreria CONDOTTI Via Condotti Libreria CUCINELLA Viale Europa, 270 Libreria ERCOLI Piazza del Popolo, 11/E Libreria EURO LIBRO Viale Europa, 122 Libreria FELTRINELLI Via del Babuino, 39/40 Libreria GREMESE Via Cola di Rienzo, 136 Libreria KAPPA Viale Ippocrate, 113 Libreria MODERNISSIMA Via Mercede, 43 Libreria PAESI NUOVI Via Aurora, 85 Libreria RINASCI'TA Via Botteghe Oscure, 1 Libreria RIZZOLI Largo Chigi, 15 Libreria RIZZOLI Via Veneto Libreria SFORZINI Via della Vite, 43 Libreria TOMBOLINI Via IV Novembr'e, 146 Libreria TREVI Piazza Poli, 46 LATINA Libreria RAIMONDI Via Eug. di Savoia 6/10 NAPOLI Libreria Fausto FIORENTINO Calata Trinità Maggiore Libreria LEONARDO Via Giovanni Merliani, 118 Libreria DEPERRO Via dei Mille, 17/19 Libreria A. GUIDA & FIGLIO Via Port'Alba, 20/21 Libreria FIORILLO Via Costantinopoli, 76 Libreria TREVES Via Roma, 249 Libreria GUIDA MARIO Piazza Martiri, 70 Libreria MACCHIAROLI Via Carducci 57/59 Libreria ~'1INERVA Via Ponte di Tappia, 5 PALERMO Libreria DOMINO Via Ron1a, 226 Libreria S. F. FLACCOVIO Via R. Settimo, 37 CATANIA Libreria CASTORINA Via Etnea, 67 Libreria LA ClJLTURA Piazza Vitt. Emanuele, 9 CORIGLIANO CALABRO Edicola FRANCESCO COSENTINO CAGLIARI Libreria FRATELLI DESSI' Corso Vitt. Emanuele, 30

I NORD E SU·D Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XV - DICEMBRE 1968 - N. 108 (169) Spett. E.S.I. NAPOLI Vi prego volermi abbonare D rinnovare l'abbonamento O a 1/2 e/e p. N. 6/19585 O con pagamento a mezzo fattura o D alla Rivista « Nord e Sud» • prezzo annuo L. 4.000 D alla Rivista « Nord e Sud» (estero) • • » » D alla Rivista « Nord e Sud» e alla « Rivista Storica Italiana» » » indirizzo ben chiaro .................................................................................................... . . . . . . .. . . . . ... . .. . .. .. .. .. . .. .. . . . . . . . . .. . . . .. .. . . . .. ... .. . .. .. .. .. .. . . . . .. . . . . . --.............. --.................................................. . Firma del richiedente » 5 .000 » 8.600 ................. -.................................. --.......................... . La richiesta non sarà evasa se non completa in ogni sua parte □ Sbarrare con un segno il quadretto relativo alla offerta prescelta. - ,&..J.a;,,,:&.&..J.L-:.L ,.a. --.&~.I..._ .L ;a;;a; :.L-.&..&..&.J .L .LI. A.i...J.LI. .L.l. '.L:.I - '-'•}-'•I. .Lo Via Carducci, 29 - 80121Napoli - Telef. 393-346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000- Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Bibiiotecaginobianco

LIBRERIE PRESSO LE QUALI È IN VENDITA LA RIVISTA TORINO Libreria PARAVIA Via Garibaldi, 23 MILANO Libreria FELTRINELLI Via Manzoni, 12 Libreria FIORATI Francesco Piazzale Baracca, 10 Libreria S. BABILA Corso Monforte, 2 PISA Libreria VALLERINI · Silvano Lungarno Pacinotti, 10 SIENA Libreria BASSI . Via di Città, 6j8 VIAREGGIO Libreria GALLERIA DEL LIBRO Viale Margherita, 33 cedola di commissione libraria bulletin de commande de librairie-biicherzettel Edizioni FIRENZE Libreria degli ALFANI Via degli Alfani, 84/86 r Libreria DEL PORCELLINO Piazza Ivlercato Nuovo, 6/7 r Libreria FELTRINELLLI Via Cavour, 12 Libreria MARZOCCO Via Martelli, 22/R Bibliote.caginobianco Scientifiche Via Carducci, 29 L1brer1a t'J\~~1 l'l.UUV . .l Via Aurora, 85 Libreria RINASCI1"'A Via Botteghe Oscure, 1 Libreria RIZZOLI Largo Chigi, 15 Libreria RIZZOLI Via Veneto Libreria SFORZINI Via della Vite, 43 Libreria TOMBOLINI Via IV Novembre, 146 Libreria TREVI Piazza Poli, 46 LATINA Libreria RAIMONDI Via Eug. di Savoia 6/ 10 NAPOLI Libreria Fausto FIORENTINO Calata Trinità Maggiore Italiane ..... -. -............. --...... . .......... . . . Affrancare con L. 40 . . . . . . -.................. -........ ' : S. p. A. 80121 N A P O L I Piazza Vitt. Emanuele, 'J CORIGLIANO CALABRO Edicola FRANCESCO COSENTINO CAGLIARI Libreria FRATELLI DESSI' Corso Vitt. Emanuele, 30

I NORD E SU·D Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XV - DICEMBRE 1968 - N. 108 (169) DIREZIONE E REDAZIONE: Via ·carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distrib·uzione e Pubb·licità: EDIZIONI SCIENTIFICH~ ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121Napoli - Telef. 393-346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli _ Bibl.iotecaginobianco ... ..

SOMMARIO Giorgio La Malfa Giuseppe Barillà Ugo· Leone Ernesto Mazzetti Rosellina Balbi Editoriale [ 3] Disoccupazione e progresso tecnologico [6] La fabbrica del dissenso costruttivo [ 15] Note della Redazione Le procedure della programm.azione - Regioni e opere pubbliche - La sistemazione idrogeologica [32] Giornale a più voci Il Nord e il Su.d del Mediterraneo [39] Due « creatu.re sperdute » [ 45] Il « sicario » di Atene e il teppista di Napoli [ 48] Argomenti C. Perone Pacifico Il latte in Campania [52] Saggi Antonino Portale Il «factoring» nella politica di sviluppo [62] Convegni e Congressi M. Balestrieri Terrasi La pianificazione regionale nello Stato moderno [91] Calogero Muscarà Aldo Canonici Dino Cofrancesco Recensioni Una geografia nuova [102] La psicologia nell'azienda [105] La Grande Antologia Filosofica [110] Storia Ettore Cuomo Il Potere in Italia [118] Bibliotecaginobianco

I Editoriale Nel momento in cui scriviamo stanno per cominciare le trattative fra le delegazioni della DC, del PSI e del PRI per la formazione di un governo organico di centro-sinistra, presieduto dal Segretario della DC. Si è chiusa, cioè, la fase dei « chiarimenti preliminari » e si apre la fase dei negoziati sul programma e sitlla composizione del nuovo governo. Si tratta di negoziati difficili, n1olto difficili: perché non è tanto questione, co·me ·altre volte, di trovare il punto d'incontro fra le esigenze dei tre partiti, ma di trovare il punto d'incontro fra le esigenze delle correnti socialiste che sono cinque e delle correnti democristiane che sono sette. È mancata la chiarificazione fra i socialisti cl1e ci si augitrava potesse venire dal Congresso; ed è mancata la chiarificazione tra i democristiani che ci si aitgurava potesse venire dal Consiglio nazionale. Il Congresso socialista si è concluso con un inasprùnento dei rapporti fra le correnti, pur favorevoli, tranne una, alla ripresa della politica di centro-sinistra. Il Consiglio nazionale della DC si è conclu,so con un pronunciamento a favore della politica di centro-sinistra, ma anche con uno sfrangiamento della maggioranza emersa dal Congresso di Milano. L'inasprimento dei rapporti fra le correnti socialiste può ulteriormente degenerare in un frazionismo irrimediabile, se non addirittura in una spirale di contrasti scissionistici. Lo sfrangia1nento della maggioranza democristiana può a sua volta degenerare in una spirale di lotte personali co11 rifiessi gravi sui proble111i di governo del p·aese e senza rimuovere, ma, anzi, moltiplicando, gli in1pedimenti alla for1nazione di una nitova maggioranza nel partito ed alla ricostituzione e stabilizzazione della maggioranza di centro-sinistra. Noi non ci abbandoneremo ora al coro di lamenti (e sia pure, nelle circostanze attuali, di non ingiustificati lamenti) che in tanti hanno intonato sitlla « partitocrazia » e sulla « correntocrazia ». Nell'editoriale del n1ese di litglio, a proposito del cosiddetto disimpegno socialista, abbiamo scritto a chiare lettere « che non si possono assolvere, o anche soltanto giustificare, i respo·nsabili di un'azione che apre un vuoto, che non prospetta alternative, che mette in discussione la stessa stabilità politica che il paese era riuscito a conseguire ditrante la IV legislatura ». Avevamo giudicato, cioè, clze il disimpegno socialista dava luogo ad una situazione « che induce a temere il peggio ». Quel nostro giudizio si è dimostrato f andato alla prova dei fatti, dei fatti di questo animato mese di 3 Bibliotecaginobianco

p Editoriale novembre. Siamo ora ad un passo dallo scioglimento delle Camere: soltanto la possibilità che l'on. Ru.mor riesca a formare il governo ci separa ancora dalla co,nstatazione che gli eletti del 19 maggio 1968 non sono in grad'o di esprimere una maggioranza, quella maggioranza che gli elettori del 19 maggio hanno indicato come la sola possibile e la sola auspicabile. E qualora l'on. Rumor non riuscisse a fo·rmare il go-- verno e si dovesse quindi ricorrere al corpo elettorale, non è detto che il corpo elettorale, fra indicazioni così confuse come quelle fornite· in questi mesi dai partiti politici, p·ossa esprimersi con maggiore chiarezza di quanto non abbia fatto il 19 maggio: anzi! Sarebbe allora la crisi d'el « sistema »? / leaders di quelle correnti che testimoniano della crisi di frazionismo che investe non soltanto i socialisti, ma anche la DC, si rendono conto che questi sono i termini della situazione politica e che quindi questo governo « si ha da fare »? La crisi dei due partiti non può più essere sanata, se non passando per una soluzione della crisi di governo; può, forse, essere sanata se si risolve pregiudizialmente il problema del governo. Chi afferma che non si può fare il governo se prima non si compongono i contrasti nei partiti, commette un errore imperdonabile, perché la temperatura alla quale sono stati portati i contrasti nei partiti è tale che il suo raffreddamento può ormai derivare soltq,nto dal successo di un volenteroso sforzo di tutti per dare un governo al paese. È il momento della carità di patria! Ma è anche, per questa classe politica, il mo•niento dell'istinto di conservazione, il inomento di dare la dimostrazione di saper uscire dal tunriel nel quale sprovvedutamente si è cacciata. Una vo.Ztache si f asse ricostituita la maggioranza di centro-sinistra, e che questa maggioranza fosse riuscita ad esprimere un buon governo, la DC potrà cercare e trovare in itn Congresso la soluzione della crisi del doroteismo che è in atto ed· i socialisti potranno cercare e trovare la soluzione della crisi d'ell'unificazio,ne che nel recente Congresso non hanno saputo o potuto trovare; e così la ricostituita maggioranza di centro-sinistra risulterebbe stabilizzata. Crisi del doroteismo e _crisi dell'u.nifiéazione: nessuno può pretendere di affrontare l'una e l'altra in un.a situazione il cui punto d'arrivo è nel ricorso al corpo elettorale, in condizioni di grave disorientamento dell'opinione pubblica, in condizioni di pre-agonia (se non di agonia vera _e propria) del cosiddetto «sistema». Ma si possono affrontare l'una e l'altra a bocce ferme, per cosi dire; quando, cioè, si fosse ricostituito, al di sopra delle correnti, uno spirito di coalizio_ne fra i partiti 4 l?ibliotecaginobianco

\ I Editoriale democratici. Allora potrebbe più facilmente essere avviato, all'interno dei partiti, del PSI e della DC, un tentativo di fiuidificazione dei rapporti fra le correnti. E per quanto riguarda il PSI, già si può riconoscere un tentativo del genere nel discorso· di Mancini al Congresso dell'EUR e nei successivi richiami a quel discorso cfze sono venuti da Mariotti e da Giolitti. Un buon governo, dunque; un governo animato da un sano spirito di coalizione e caratterizzato da un programma realistico « credibile »; e quindi un governo capace di poter vantare, JJochi mesi dopo la sua formazione, un consistente pacchetto di realizzazioni legislative (ci sono anche leggi importanti che già risultano più o 1neno pronte per essere portate al Parlamento, la rifornia tributaria, per esempio, e la riforma dei codici) e un altrettanto consistente pacchetto di proposte legislative: questa è la risposta che i partiti democratici devono dare .a se stessi ed al paese e che può consentire a tutti di uscire dal tunnel. Comunque sia, quando questo numero di « Nord e Sud» sarà distribuito, sapremo se i partiti democratici saranno stati in grado di dare al paese la risposta che il paese attende; oppure sapremo che tittto è diventato più difficile, tremendamente pii'-!difficile, di quanto già non lo sia ora, sei mesi dopo il disimpegno. 5 Bibliotecaginobianco

Disoccupazione e progresso tecnologico di Giorgio La Malfa Molte volte negli anni ,più recenti è stato discusso il problema se le esigenze di rinnovamento tecnologico dell'in-dustria manifatturiera italiana siano in co·ntrasto con l'esigenza di raggiungere entro il più breve tempo po·ssibile la piena occupazione della manodopera. Questa discussione, che ha avuto come protagonisti alcuni dei ma.ggiori espo·n·enti dell'industria e alcuni eco·nomisti, da un lato, e i meridionalisti affiancati da qualche uomo po1itico e da alcuni dirigenti di imprese a partecipazione st~tale, -dall'altro, ha attraversato anche :rpomenti di notevole tensjone pole·mica, come nel Seminario della Fondazione Einaudi tenutosi a Torino nella prima vera del 1967 o nel peri odo in c11ifu ann11nziata la decisione da parte dell'IRI di procedere alla costruz_ione dello stabilimento meTidionale -dell'Alfa Romeo. La tesi dei primi è che la competitività internazionale dell'industria italiana è la principale - se non la sola - garanzia di rapido progresso del reddito e quin-di della occupazione, e che tale competitività si può difendere soltanto· se le imprese sono pronte ad introdurre tutte le innovazioni che cons·entano di ridurre i costi di produzione, anche a prezzo di momenta11ee flessioni della o·ccupa- ' zione. La tesi dei secondi è che, in un paese in cui il tasso di disoccupazio·ne è assai elevato, l'adozione di tecnolo·gie molto moderne ritarda il riassorbimento della diso-ccupazione stessa. La scelta delle tecnologie deve essere quindi subordinata all'obiettivo prioritario di rendere più ampio possibile il \lOl11medella occupazion·e. La discussio·ne normalmente si arresta a questo p-ùnto di fronte a valutazio·ni diverse dell'imp-ortanza e.be riveste per lo sviluppo economico italiano· la competitività delle aziende e quindi la loro capacità di penetrare nei mercati internazionali; e sembra difficile offrire una_ dimostrazione conclusiva di quale delle due posizioni sia più soddisfa,ce·nte. Analizzando tuttavia piì1 a fondo il problema, e da u11 punto di vista teorico e •dal p11nto di vista della concreta esperienza dello sviluppo economico italiano, si giunge alla conclu6 B.bi iiotecaginobianco

\ I Disoccupazione e progresso tecnologico sione che la contrap-posizione •delle due tesi è errata, pèrché non coglie la sostanza del problema. Sembra infatti possibile conclud-ere che la ragione essenziale del ritardo nel raggiungimento di un livello soddisfacente di occupazione non sia da ricercarsi nel troppo rapido ammo,dernamento tecnologico del nostro sistema produttivo - che, guardando· all'intero perio,do 1948-1968, non è stato particolarmente rapid·o - ma ad una errata politica di ammodernamento seguita per molto tempo. Si può soste·nere cioè che non è stata l'adozione di tecniche produttive più moderne, ma il momento in cui tali te-cniche sono state introdotte nell'in,dustria manifatturiera a generare problemi di vario· genere e in particolare il conflitto tra riduzio.ne della disoccupazio,ne e mantenimento della efficienza competitiva del nostro sistema industriale. Se questa tesi è corretta, come cercheremo di mostrare nelle prossime pagine, e·ssa può contribuire a spiegare perché in questi anni, no-nostante una ampia politica di incentivi alla in-dustrializzazione del Mezzogior110·, gli insediamenti industriali nel Sud siano stati relativamente poco numerosi e prevalentemente •dovuti a imprese pubbliche o a partecipazione pubblica. D'altra parte, da questa interpretazione deriva una specifica conseguenza di politica economica: gli strume·nti di inteTvento nell'economia di cui oggi disponiamo sono insufficienti a correggere le tendenze spontanee del sistema economico: l'attenuazione del divario di reddito tra il Nord e il Sud e il raggiungimento dei traguardi di occupazione pre·visti dal Piano Economico Nazionale richiedono dt1n,que l'impostazione di. una politica economica pii.1 moderna e flessibile. Nel periodo del se,condo do,poguerra possono essere individuate sostanzialmente tre fasi dal pt1nto di vista delle caratteristic.he tecnolo.giche degli investimenti fissi nell'industria manifatturiera italiana. Nella prima fase·, che coincide con il perio·do della riç:ostruzione economica post-bellica, si è realizzata una sostanziale trasformazio·ne tecn1 ologica della nostra struttura industriale rispetto al p-eriodo p·rebellico. Le imprese infatti hanno introdotto, al posto degli impianti distrutti nel corso del conflitto mondiale, impianti tecnologicamente più moder11i. Ciò naturalmente non ha co,nsentito l'assorbimento pieno delle disponibilità di manodop-era: no•n solo in quanto subito do·p·o la guerra ebbe· inizio il •processo di esodo dall'agricoltura e di urbanizzazione delle masse rurali, pro-cesso che caratterizza tutto il secondo dopoguerra italiano, ma anche perché fino a circa il 1951 l'eco1 nomia italiana ebb·e una -capacità pro-duttiva inferiore a quella prebellica,. ed essendo tale capacità produttiva ge7 ibl-iotecaginobianco

... Giorgio La Malfa nerata da impianti più mo·derni, l'occupazione industriale .rimase ~ a livelli molto· modesti. . La se·conda fase dello sviluppo italiano del do1 po,guerra ha inizio attiorno alla metà degli anni '50 e si prolunga quasi senza interruzio1ni fino all'autunno de1 1963. Si tratta del: p·erio.do del cosiddetto « miracolo econo·mico », caratterizzato da un rapido svilupp•o della produzione industriale, da un forte aumento della o-ccupazio·ne e della proiduttività op•eraia e dall'app·arizione, negli anni dopo il 1960, di un rilevante surplus nella bilancia dei pagamenti. Le, con-dizioni di rapida crescita del sistema economico hanno esercitato una influenza d•eterminante sui tipi di investimenti effettuati dalle imprese, tanto che in questo periodo le preo-ccupazio 1 ni relative alla n·ecessità di esp·andere celermente la capacità produttiva hanno prevalso su quelle· di introidurre tempestivamente le nuove tecnologie 1 • Questa è stata una fase di %'idening della struttura del capitale, più c.he di deepening, cioè di ampliamento di im-pianti e strutture p·roduttive pre·esistenti, più •che di trasformazione nel senso di una maggiore meccanizzazione delle attività industriali. La terza fase ha avuto inizio con la crisi ,della bilan•cia d·ei pagamenti dell'autunno· 1963 e l'estesa recessione e·conomica degli anni 1964, 1965 e in parte 1966. In q11esto perio·do le imprese hanno pe·rseguito l'obiettivo -di ridurre o comunque· di mante·nere bassi i costi. di produzione mediante l'adozione di tecnologie più avanzate, giustifican-do questa esigenza co-n la necessità di difen-dere la •CO·mp·etitività dei prodotti .italiani sui mercati interni ed internazio·nali. Ciò. ha significato l'adozion-e di pro-cessi di deepening della struttura produttiva invece di wide11ing co-me nella fase, precedente. Si è così assistito in questi anni ad una profonda trasformazio·ne te·cnolo·gica di m·olti settori dell'in·dustria italiana, le cui conseguenze in termini di occup·azion.e non hanno tardato· a m.anifestarsi, tanto· che, nei p·rimi due an,ni di attua~io·n:e .del programma economico nazionale, nell'industria manifatturiera l'o·cct1pazione non solo non ha risp·ettato gli incrementi previsti (dal pro1gramma), ma ha addirittura subìto una leggera flessione. · Sarebbe ~rrato manifestare sorpresa per questo tipo di sviluppo tecnologico dell'industria manifatturiera italiana tra il 1948 e il 1968 · ed in particolare per il prevalere negli anni del boom (1956-6·3) di 1 Del resto l'i11troduzione di tecnologie innovatrici richiede un processo di adattamento delle invenzioni che consenta di procedere alla loro applicazione industriale e ciò generalmente comporta dei costi e quindi richiede un interesse da parte delle imprese ad affrontarli. 8 Bibiiotecaginobianco

... \ I Disoccupazione e progresso tec11ologico ,, investimenti di ampliamneto e in quelli della depressio·ne ( 196466) di investimenti di trasfo,rmazione tecno1ogic-a. Le caratteristiche •di tale processo di sviluppo non si discostano. da quelle tipiche dei p·ro·cessi ciclici di un'eco·nomia JJrevalente1nente capitalistica non controllata e non diretta dall'interve11to p·ubblico. Del resto una delle co·nclusioni più note d-ella teoria dei cicli economici è appunto quella che le innovazio·ni tecnologiche vengono introdotte nei sistemi capitalistici nelle fasi di depressione e non nelle fasi di rapido sviluppo (Schumpeter). Ciò tuttavia avviene in un sistema capitalistico non co,ntro,Ilato e non modificato dall'inte·rvento pubblico. Ch·e sia avvenuto in Italia è una indicazione del fatto che· la politica economica non ha sa·puto incidere su queste tendenze s.po·ntanee d.el sistema economico. Qual'è il meccanismo economico che spinge le imprese a trasc11rare il progresso tecnologico nella fase de] boom ed a ricercarlo negli anni della depressione? Si tratta di un meccanismo molto semplice, che può essere rapidamente descritto. In un periodo di rapi,da crescita della domanda e del reddito, le imprese non si preoc·cupano di introdurre tecnologie molto moderne poiché, operando in mercati in cui la domanda è molto vivace, esse no·n hanno lo stimolo· a mantenere bassi o a ridurre i costi, in quanto vi è una tendenza automatica dei prezzi a crescere. La fase· del boom è quindi una fase in cui le imprese sentono lo stimolo della domanda e si preoccu1Jano di so,ddisfarla il più rapidamente possibile, ancl1e a costo di adottare tecnologie non particolarmente efficienti o te•cnologie che, richiedendo particolari quantità di certi fattori della produzio,ne - co·me a,d esempio la mano,do·pera specializzata -, contribuiscono a creare delle pressioni per innalzamenti dei costi di produzione. Le fasi di recessione sono caratterizzate da una tendenza dell'offerta ad eccede-re la domanda. Si crea così una concorrenza tra le imprese, che· le obbliga a mantenere prezzi mo,desti e le spinge a ricercare trasformazioni tecnologiche che consentano loro· ,di ridurre· i costi di prod11zio·ne ed in particolare i costi di lavoro. In questi periodi si verifica quindi la tendenza ·di una parte delle imprese a introdurre tecnologie mode·rne ·e procedim-enti produttivi che risparmino lavoro. Ciò significa che, nella fase discendente del ciclo economico, gli investimenti sono prevalentemente indirizzati verso }a sostituzione di impianti preesiste·nti; e questo ha un'influenza negativa sul livello ·dell'occupazione. L'ammodernamento della struttura p,roduttiva, cioè, è a·cco,mp,agnato dal fenomeno della diso1 ccupazione. . 9 Biblìotecaginobianco

Giorgio La Malfa Alla luce delle considerazioni esposte si potreb·be concludert. che gli aumenti di p-roduttività operaia saranno prevalenteme·nte concentrati nelle fasi di re-cessio.ne eco·nomica. In questo caso, poiché negli anni tra il 1956 e il 1963 si è verificato u~ rapido •aumento della ·pro·duttività op·eraia, oltre eh-e della produzione industriale, potreb1be essere sostenuto da qualcuno che la tripartizione temporale da noi delineata per l'e·conomia italiana è contra·ddetta proprio dai dati sulla produttività del lavoro. È chiaro che si tratta di una osservazione critica assai rilevante, che merita una attenta considerazione. Su tale questio.ne se ne innesta un'altra, ·che è quella di in,dividuare per quale causa, negli anni del cosiddetto 1niracolo economico, lo svilup,po industriale italiano non si sia esteso all'Italia meridionale e sia rimasto sostanzialmente •concentrato nelle zone di più antica industrializzazione. Come vedremo subito, qu·esti due problemi sono strettame·nte co·nnessi. Cominciamo dal secondo·: sarebbe stata possibile una politica di rapida industrializzazione del Mezzogiorno negli anni tra il 1956 e il 1963? Perché essa non si è realizzata spontaneamente?• Una soddisfacente rispo·sta a queste doman·de non può e-ssere basata esclusivamente su un'analisi delle insufficienze ,della politica degli incentivi, su cui si è disct1sso ampiamente in questi anni; ma ha come elem·ento costitutivo l'analisi delle caratteristiche degli investimenti nel periodo 1956-1963 che abbiamo fatto nelle pagine precede11ti. Co·minciamo con l'osservare che l'inferiorità eco·nomica d·elle localizzazioni degli investimenti industriali nell'Italia meridionale è dovuta a due cause concomitanti. In prin10 luogo, la localizzazione nelle, aree meridio·nali del 11ostro paese presenta, risp.etto alla lo,calizzazio·ne nelle aree settentrionali, costi sociali più elevati per effetto di inefficienze ,dei servizi pubblici, di minori infrastrutture sociali e co·sì via. In secondo luo·go, gli investimenti nel Mezzogiorno sono ostacolati dall'esistenza, nelle zone di più antica industrializzazione, di quelle che potremmo chiamare economie di scala, cioè dal fatto che gli impianti costruitj nelle zone già industrializzate rappresentano delle repliche di impianti precedentem,ente es.istenti e possono godere di econo.mie di costi derivanti dalla giustappo-sizione di nuove unità produttive a quelle già in o·pera. Ciò naturalmente non avviene nelle zone del M·ezzogiorno, per le quali gli investimenti di capitale fisso danno luo•go a impianti completament,e nuovi che si inserisco·no in un.a realtà da cui l'industria 1nanifatturiera era precedentemente assente. 10 Bibliotecaginobianco

I Disoccupazione e progresso tecnologico I Quali tipi -di investimenti sono più su.scettibili di soffrire degli svantaggi •eco,nomici delle localizzazioni meridionali: gli investimenti che in·novano ra·dicalmente nella tecnologia o gli investimenti che replicano te·cnologie preesistenti? Mentre, p·er quanto riguarda i costi sociali, sembra ragionevole ritenere che non vi sia una differenza di profittabilità tra in,,esti1nenti che replicano precedenti impianti e investime·nti tecnologicamente nuovi, ciò non è vero p,er quanto_ riguarda le ,economie di scala. Infatti, sono più suscettibili di go·dere ,di queste ultime gli impianti che si affiancano ad altre unità produttive co·n caratteristiche analoghe che non gli impianti ch,e co·ntengano una tecnologia sostanzialmente nuo·va e diversa dalle tecnologie già esistenti. -- S,e ciò è vero, vi è una valida spiegazione del perché la politica 1 degli in-centivi adottata in Italia a partire dagli anni '50 abbia avuto scarsi risultati dal punto di vista dell'industrializzazione del Mezzo-giorno·. Si può riten,ere, infatti, che quella politica non sia riuscita ad eliminare completamente le differenze di redditività degli inve·- stimenti derivanti dall'esistenza di maggiori costi sociali nel M.ezzogiorno e di economie di scala nel Settentrione. Di conseguenza, negli anni del miracolo economico la prevalenza di investimenti di ampliamento della capacità produttiva sugli investime·nti di trasformazione tecnologica ha rafforzato la redditività delle localizzazio-ni tradizionali e reso ancora meno efficace la politica degli incentivi. La nostra tesi è, infatti, che, nei periodi in cui prevale una politica di ampliamento degli impianti esistenti, le imprese abbiano un forte stimolo ad affiancare i nuovi impianti a quelli già in funzione per sfruttare il più piename11te possibile le econon1ie di scala. Questa interpretazio·ne contribuisce a spiegare l'insufficiente penetrazione industriale nell'Italia meridionale negli anni del cosiddetto miracolo economico 1 nonostante l,a politica di incentiv·azione, e offre ·d'altra parte una spiegazione del forte aumento •di pro·duttività verificatosj negli anni tra il 1956 e il 1963. Infatti, mentre la moltiplicazione di impianti di un certo tipo non modifica di per sé la produttività degli add,etti agli impianti, se vi sono delle economie di scala, esse posso-no dare o·rigine ·a degli aumenti di pro·duttività pur restan.do immutato il grado di meccanizzazione della tecnologia. La possibilità di sfruttare le economie di scala connesse co·n gli insediame·nti industriali n-el Nord ha fatto sì che le imp•rese favorissero negli anni 'SO e nei primi anni dopo il 1960 le migrazioni interne dal Mezzogiorno verso l'Italia settentrionale. Ciò l1a co,ntribuito a determinare l'inflazione da costi con cui è iniziata nel 11 Bibiìotecaginobianco

Giorgio La Malfa 1962 la fase fin,ale del ciclo ascendente dell'.econo·mia italiana 2 • Se il progresso tecnolo·gico· fosse stato e sarà introdotto in una fase· di espansio·ne· della d·om·an·d·a, sarebbe stato e sarà relativamente facile, disponendo d,egli strumenti di p~,litica eco,nomica adeguati, indirizzare l'jndustrializzazione ,,èrso il Mezzo·giorno. Se invece si lascia il sistema economico p-rivato ,del tutto arbitro di scegliere il momento più opportuno per introdurre nuove tecnologie, allora correre·mo di nuovo il riscl1io che abbiamo corso negli anni del miracolo· economico, co•n le conseguen2;e che· abbiamo descritto, di lasciare invecchiare le tecnolo·gie e determinare strozzature inflazionistiche in un periodo- in cui sarebbe invece possibile ampliare la struttura in·dustriale italiana, diversificando la localizzazione delle industrie ed evitando slittan1enti verso l'alto dei salari monetari e •dei prezzi. Un corollario di ciò che si è detto è che assu1ne· una diversa luce la discussione fra i sostenitori di una po-litica di .piena occupazion.e a brev-e· termiin·e, favore·voli ad adotta-r•e tecno,logie che consentano un più rapido asso1 rbimento di mano·dopera e i cosiddetti « efficien tis ti » che ne·gli anni 1964-1966, in nome della necessità per le in,dustrie italiane ,di •competere sui mercati internazio·nali e nazionali con le imp·rese straniere, chiedevano libertà di effettuare investimenti tecnolo.gicamente· molto moderni che esigeviano forti inve-. stimenti p·er unità o·c·cuipata. Infatti, se il sistema eco:nomico si trova a dover affro·ntare condizio·ni di disoccupazione e d'insufficienza d•ella doman•da aggre·ga ta come quelle d-egli anni tra il 1964 e il 1966, il punto di vista ,dei co-siddetti eflìcientisti divie·ne più accettabile anche se sono estremamente rilevanti le considerazio·ni di coloro i quali guardano· co·n preoccupazione ai livelli dell'o,c·cupazione neI nostro paese. Quando tuttavia il problema lo· si po.nga nel contesto di un'eco,no·mia che cresce in modo uniforme, allora il contrasto tra una visione efficie·ntista e t1na visione per così dire meridionalistica non esiste, se no,n nel senso che è ,positivamente ne,cessario richiamare le i_mprese ad effettuare degli investimenti non solo di arnpliamento·, ma anche di mo,dernizzaz.ione ,degli impianti; e·d a localizzare qqesti impianti mod,erni nelle zo·ne di sottosvilu·ppo del no·~tro paese, ch·e so,no· qu.elle nelle quali, c·ome si è visto•, è p•os-· sibile localizzare impianti a tecnologia avanzata co·n risultati quasi competitivi risp·etto alle zo·ne di industrializzazio·ne tradizionale. 2 · Cfr. F. MODIGLIANI e G. LA M.à.LFA, Su alcuni aspetti della congiuntura e delta politica 1nonetaria italiana nell'ul'timo quinquennio, « Moneta e Credito», settembre 1966, n. 75. 12 Bibiiotecaginobianco

I Disoccupazione e progresso tecnologico La conclusione dell'analisi svolta è che la conduzione di una politica e1conomica che abbia .come o,biettivo il rapido assorbimento della manodop-era ,diso•c-cup•atanel nostro paese è una questio·ne assai complessa ed in p·articolare richiede l'utilizzazione di un numero . di strumenti di intervento maggiore di quello di cui tradizio·nalmente si dispone· in Italia. Si tratta, infatti, di perseguire trie o-biettivi: il primo è quello di mantene·re t1n ·adeguato ritmo di svilup,po _della domanda nel nostro p,aese; il secondo è quello di evitare che crisi 1di natura inflazionistica, alterando l'equilibrio della bilancia dei pagamenti, impo,ngano di frenare lo sviluppo del sistema economico; in terzo luogo, infine, si tratta di disporre di strumenti che consentano di controllare il tipo di tecnologia che le impres•e manifatturiere adottano p·er i lo·ro investim-enti, a-cceleran,do (l'intro-duzione di nuove tecnologie e agevolan,done la lo-calizzazio·ne nell'Italia meridionale. Oggi noi dispo·niamo di un solo strumento che viene utilizz.ato ai fini del ,controllo della domanda globale: si tratta della politica monetaria. Essa, tuttavia, mentre è in grado -di frenare le p,ressioni inflazionistiche, realizzando così il seco·ndo obiettivo, lo può fare solo al prezzo ·di frenare l'aumento ,d,eilivelli dell'o,ccupazio·ne e cioè di interromp-ere le fasi ascendenti del sistema economico-. Essa, ino1tre, non è in grado di a,ccelerare lo svilu-p-po, quando si giu·dichi necessario o possibile farlo 3 • Si tratta di affian-c,are alla politica monetaria due altri strumenti: l'uno che sia capace -di prevenire il sorge·re di tensioni inflazionistiche, l'altro che p1ossa essere usato insieme alla politica monetaria p·er dirigere la politica di inv.estimenti delle imprese. Il primo, ·di tali strumenti è la politica dei redditi, della cui insostituibilità si è già discusso altre volte su questa riivista 4 _ se si vuole adeguatamente impostare il pro,blema d-ello svilup,po del Mezzogiorno. Il secondo è costituito da una più efficace politica fiscale. Quale debba essere la -distribuzione dei compiti tra la politica fiscale e la politica monetaria è una questione interessante su cui non mette co-nto di entrare in questa sede. 1 È infatti p1 ossibile p,re·- ve·dere che la prima regoli il livello della do.manda e la se-conda, attraverso in-centivi creditizi, le caratteristiche tecnologiche degli 3 La storia della ripresa economica del 1967 è sintomatica: tale ripresa è venuta dopo un lungo periodo nel quale la Banca centrale ha seguito senza successo una politica monetaria non restrittiva. 4 Cfr. G. LA MALFA, I sindacati e la politica dei redditi, « Nord e Sud», n. 143, ottobre 1966; e da ultimo E. Vm1.Ecco, L'anno zero della politica dei redditi, « Nord e Sud», n. 168, novembre 1968. · 13 Bib iotecaginobianco

Giorgio La Malf a investin1-enti e la loro· lo·calizzazione·; o vic·eversa che alla p·olitica mon,etaria spetti il compito· di mantenere, attraverso una ap•propriata politica creditizia, so,ddisfacenti condizioni -di domanda aggreg·ata, co·ntrollando, m·ediante· lo strumento fiscale, le ,d.~stinazio-ni .degli investimenti. Ciò che appare certo è eh-e una seria politica di assorbi 1 mento della diso,ccupazione ·e di sviluppo del Mezzogio•rno (una politica cioè che non si limiti ad indicare dei traguardi nella speranza che il sistem·a eco,nomico spontaneame·nte li realizzi) richiede un'analisi più ap·profondita delle relazioni tra sviluppo tecnologico e sviluppo dell'occupazione, un'identificazione più precisa -dei setto,ri in cui sono potenzialmente più convenienti le lo·calizzazioni meridionali ed infine una definizione più appropriata ed il relativo apprestamento degli strumenti di intervento dello Stato nell'.economia. GIORGIO LA MALFA 14 Bibiiotecaginobianco ...

I La fabbrica del dissenso • costruttivo di Giuseppe Barillà Dopo• un anno, circa d·al suo apparire contestatario sulla scena italiana, il Movimento Stu•dentesco unive:rsitario non può essere sottoposto ch·e a·d una a1 nalisi interlocutoria. Il Movimento, infatti, è ancora in fieri, e ogni ·prospettiva logica, concepita sui dati dell'oggi, ·potrebbe •essere capovolta .da improvvise impennate, tanto ( più se dovesse p·ro,trarsi n1 el pa·ese, an1 che do·po la co,stituzio·ne de1 - nuovo governo, un latente e so·stanziale vuoto di potere per mancanza di ,chiarezza e di equilibrio tra le forze po1itich.e. Con il p·rotrarsi, cioè, di un disorientamento, o peggio di un assenteismo, della controparte politica, le impostazioni di « rivoluzione totale », caldeggiate nel Mo·vimento da alcuni gruppi, finirebbero con il far ·premio sulle impostazioni di semplice rinnovamento ra1dicale .delle strutture prop,ugnate da altri gruppi. E l'Università si tro·verebbe a perdere la sua autentica « riforma 1 rivoluzion·aria », la collabo·razione di larghe quote di giovani e, insieme a loro, è immaginabile, anche di docenti, i quali verrebbero sospinti, dal comportamento poco puntuale del mo·ndo politico, v,erso ipotesi massimalistiche di contestazione globale della so·cietà. Il Movimento Stu•dentesco, infatti, è tutt'o 1 ra incerto dinn·anzi ad un.a scelta fra riforma e rivoluzione: circostanza, questa, che sembra sfuggire alla maggior parte degli o·sservatori ·p·olitici, pur ra,p·presentando una p•rosp·ettiva politica non indifferente nella realtà della nostra so,cietà. Ma procediamo co·n ordine. Il Movimento, ap•parso agli inizi del 1968, p-er lo- stupore preo.c,cupato dell'uomo della strada e de·gli uomini politici, come forza prorompente nel sistema e contro il sistema, co·me p•ala,dino di nuove analisi sui rap,porti fra scuola, Università e so,cietà, sta indubbiame·nte incidendo in a.lm.eno due direzioni, fuori dell'Università e nell'Università. Può darsi che certe sue argome,ntazioni siano destinate in futuro ad essere riassorbite nel quadro di ev•entuali, possibili nuove alleanze politiche nazionali, tipo quella co·nciliare fra cattolici integralisti e comunisti; _che si tratti cio-è di « illuminazioni » di breve p·erio:do, destinate ad essere soffocate - ma forse solo apparentemente - dal consolidamento di t1n re·gime. Ma può darsi anche che tali argomentazioni 15 Bibliotecag inobianco

.. Giuseppe Barillà contestativ•e studentes·che finiscano per rapprese·ntare una sò.rta di nuovo humits libe·rtari:o, estremam:ente positivo, e ine1imin·abile nell'assetto di un·a futura so•cietà n·on solo civile, ma politioa. E ammessa questa ultima ipotesi, l'attenzio-n,e potre1')b1 e volgersi verso altri paesi dove, negli ultimi tempi, movimenti di « o·ppo•sizione extraparlamentare » e di « nuova sinistra » sono nati derivan,do dal mondo stu•d.entesco1 e· universitario·, o rivelan 1do· connessioni strettissime con esso; e l'interro·gativo sare·bbe allo·ra: co,me fare in Italia affinché l'azione· politica co·ntestativa dei giovani serva a rafforzare il sistema democratico, a rinnovarlo anch,e radicalmente, ma non a distrugg,erlo? L'interrogativo non sarebbe fo·ndato sul nulla, poiché il Movime·nto italiano, nella sua accezione d·el 1968, h:a avuto fra le sue· più rile·vanti radici p·o1 litiche qu:ella d·e1 « dissenso· cattolico » e qu.ella del « •dissenso co,munista »; è sorto, cioè, anche con il co1 ntributo di gruppi di critica verso i due più grossi p•artiti esistenti in Italia, e sp.ecialmente da questi grup·pi ha tratto buona parte della sua carica rivoluzionaria. Né bisogna dimenticare che l'avvento della politica fra i giovani universitari, fino a forme ·di int,eressam•ento quasi ossessivo non solo nei riguardi della situ•azione interna, ma ·a·nche· della situazione internazionale - vedi il riferimento continuo al Vietnam, o alla situazione sudam,ericana, o a quella africana, e così via - è· stata la lo,gica e legittima re·azione al principio repressivo che per lunghi anni ha avuto 1 il suo triste trio·nfo· negli atenei italiani, quello del « fuori la politica ,dall'.Università ». Qu·esto assurdo principio - assur,do per un·a organizzazio.ne culturale che· dovre·bbe essere collegata, p1 er il fine stesso, della sua vita, co,n il mo,ndo1 circostante - è stato caldeggiato dai professori detentori del potere accademico, per quieto vivere, o, peggio anco·ra, per sinistro co•nservatorismo·; e cioè, in fin dei conti, p.er impedire a·gli stud·enti di pensare in termini· globali_ sulla realtà del paese e ,del mondo, e quindi di in,qua .. drare la loro prep•arazione culturale· e professionale in vista degli sbocchi •della so·cietà (p·ro·cedimento logico che p1oi si è verificato co·n la rivolta stud,entesca). Da parte di questi professori si è avvalo·rato p·er anni, e per,fino inoensato, il personag.gio dello studente. neutrale, il « bravo ragazzo » de·dicato allo studio delle discipline con piglio tecnico, un ragazzo attento a non farsi « co·ntaminare » da visio.ni più ampie della società, u·na figura, in fin d•ei conti, di studente idiota, in.capace di porsi p·roblemi al di fuo:ri delle materié fon·dam.entali e complementari p•reviste dalle leggi del quadrumviro D1 e Vecchi di Val Cismon. 16 Bibiiotecaginobianco

I La fabbrica del dissenso costruttivo Ed è il caso di aggiung·ere eh.e l'avvento della p·o1itica fra gli stu,denti nell'Università è stata oltretutto la co·nseguenza dell'in,capa·cità dei p·artiti italiani a soddisfare le esigenz,e dei giovani. I ragazzi, usciti dall'Unive-rsità apolitica, voluta e pote·nziata da c·erti professori, hanno cercato soddisfazione nei partiti, e quasi sempre si so·no· trovati im,possibilitati ad inserirvisi seriamente; nella migliore delle ipotesi ottenevano di agitarsi n-ei movim,enti gio,vanili, ma, non riuscendo a pro-cedere oltre, finivano p·er sentirsi come isolati in ghetti inutili. E .d'altronde la delusion·e gio-vanile nei confronti dei partiti non era solo di carattere diciamo op·erativo, ma anche di carattere ideolo-gico; i giovani scop·rivano co-n stupore che l,e id,eologie d,ei partiti •erano terribilmente invecchiate rispetto alla realtà -della società mo1derna, e provavano la strana sensazione, uscendo· da un setto.re politicamente asettico, e quindi ,conservato·re, come l'Università, di pre·cipitare, purtroppo, in un mondo egualmente arretrato. Il Movimento Studentesco, in effetti, h·a p·ro,dotto una serie di do·cum·enti di analisi ·d·ei rapporti fra scuola, Università e società proprio perché •ciò era la logica conseguenza ·dell'abbandono della posizio·ne neutrale di distacco dalla politica; dal mom·ento che ci si « affacciav·a alla finestra », gettando lo sguardo sulla società, il desiderio di analizzar•e glo.balmente la propria co-ndizione studentesca div-eniva prepotente. Beninteso, i] tentativo di analisi era cominciato già molto prima d.el fenom·eno rivoltoso del 1968. Il Movimento stud,entesco infatti (con una sola iniziale m·aiuscola, me·ntre quello apparso nel 1968, nelle agitazioni e oc,cup,azio,ni, ne ave·va assunto due, quasi a sottolineare· la p·ropria maggio·re volontà contestativ·a) era in ft1nzione dal ,dop·o.guerra, orga·nizzato, in forma rappresentativa, attraverso le asso,ciazioni studentesche di varia tendenza, in ogni ateneo e in un:a o·rganizzazio·ne nazionale di vertice, l'UNURI; e- bisogna riconoscere che aveva saputo individu·are i punti fo,cali della crisi universitaria sempr,e con molta chiarezza. Esso si era battuto per la riforma dell'Università p·erco.rrendo la strada della battaglia democratica, cio-è svolgendo un'azione nel sistema, ma ·purtroppo· no-n era riuscito a convincere la classe politica, verso, la quale si rivolgevà, ad op-erare, una volta per tutte, un serio- rinnovamento degli atenei. Certo ciò era dip·eso soprattutto dalla non autentica o·moge-neità delle maggioranze politiche· susse·guitesi al governo del paese di fronte al problema d·ella scuola, di cui l'Università rappresentava un settor,e, anche se il più importante ai fini sp-ecialmente d~lla fo·rmazione degli insegn.anti: no•n 17 Bibiiotecaginobianco

Giuseppe Barillà omogen-eità che tro,vava la più evidente conferma nel rapporto, non sufficientem-ent•e chiarito, fra laici e cattolici. Com1.1nque, a parte la qualità delle alleanze governative nel paese, il lVIovim-ento·studentesco non era riuscito. co·n la sua strategia •democratica a far matura,re una soluzione p•er la disfunzio,ne universitaria, ed era destinato quin,di fatalmente ad entrare in crisi. Tanto più che la b·attaglia -d.emo·cratica fiancheggiata 1 d.alle associazioni dei professori incaricati e ·degli assistenti - si era costituito l'attivissimo Comitato u·n'iversitario tripartito - era stata in effetti una battaglia per così dire pro-p•edeutica della vera riform·a dell'Università. Fino allora, infatti, ci si era agitati per ottenere anzitutto una partecipazion•e di incaric·ati, assistenti e studenti al go·verno· de·gli atenei a,ccanto ai professori .di ruolo, per raggiungere in sostanza un·a spartizio,n-e d-el potere ,accademico; e ciò nella co1 nvinzione· che, un.a volta conquistati, ·anche solo parzialmente, alcuni organi di governo, unive'I~sitairi·o·come il Co·nsiglio di amministrazio·ne o il Co,n.- siglio di Fa•coltà, o, il costituen·do Consiglio di Dipartimento, i « docenti subalterni » e· gli studenti avrebbero avuto finalmente a disposizione ·alcu·ne sedi universitarie· di -discussione· e di delibe·razio·ne, prim.a ad essi com.pletam,ente precluse, do·ve poter intro·durre il -disco:J:SOsu· i contenuti dell'Università, O·,come si era 1detto per anni, sulla riforma dei ,piani di stu-dio delle varie F·acoltà. In definitiva si era condo,tta una costa·nte b·attaglia p-er la co,nquista -del p·otere (universitario,) -che do·ve·va esse·re strum-eri.tale per la riforma dei conte·nuti •cultu·rali universitari. Negli ultimi anni, però, una logica ,di base· studentesca, nel senso d·el rinnovamento dei contenuti universitari, si era affermata tra i gio·v;ani; e già nel Co·ngresso del1 l'UNURI a Viare·ggio-, nel marzo 1966, si e,ra avuta una confe·rm:a di ciò attraverso il su·ccesso• eletto 1rale raccolto a livello di Facoltà, co·n una certa po,litica appunto di b1 ase, dell'AGI (Asso,ciazio,ne go~ Jiar,dica itali,ana), l'·associazio-ne libera 1 le· so•rta p,er scissione della ve·cchia UGI (Unione golia·rdica italian,a), e dal fatto che e.ra stata pro~ po1sta dalla Gi11nta .·d.ell'UNURI, e discussa dal Congresso, anche se non a·ppro1vata, una riforma della rappresentanz,a studentesca su base ,di Faco,ltà, con l'in.t,ento prin,cipa 1 le' di ristabilire il collegamento fra vertice e biase. · · Il dramma delle asso,ciazioni e organizzazioni studentesche, infatti, è sempre stato, quello· •di derivare la p·ro·pria esistenza -dalla partecipazione elettorale di una min,oranza ristretta di gio·vani rispetto al totale della po1 polazione studentesca universitaria esistente. Il fenomeno dall'assenteismo stu-dentesco di fronte alla vita comuni18 Bibliotecaginobianco

I ·' La fabbrica del dissenso costruttivo I · taria universitaria è stato •d'altronde· il risultato di fattori abb·astanza ele1nentari, qu·ali ad esem,pio il •p-rincipio1 della « neutralità » di fronte aJla politica, tristem,ente· avvalorato· e prop·agandato, com·e si è detto, da e-erti pro~essori (e le asso1ciazioni studentesche tradizio-nali traevano appunto· ispirazione da partiti e ideologie politiche), o la presenza n,ell'Università, a11zi l'assenza, ·d·el gran num-ero di studenti-lavorat Jri (giovani che lavorano p·er mantenersi agli studi); e cioè di giovani fruenti, insiem·e peraltro a stu,d,enti non lavo·ratori, di quel discutibile modello didattico che è la nostra Univ,ersità, imp·erniata, come· mom.ento determinante, sugli esami, cioè su un·a esercitazione· preclara di fiscalismo inefficiente dello Stato .. 1 Se un merito ha avuto il Movimento del 1968, è stato quello di galv1 anizzare l,e masse· stu·dentesche, e -di ,portarle a manifestare· compatte come m·ai era acc·a·duto in passato. N-elle assemblee ra,dunatesi e-on ritmo incalzante durante le o,ccupazioni e agitazioni, si è assistito fel.icem-e·nte ad una so·rta di « iniziazio·ne all'imp.e·gno sociale » ,di frange studentesche che m·ai prima si erano o•ccupate non solo di visioni politiche ge·nerali, ma n,emmeno di indagini sulla crisi unive·rsitaria. Si sa: a livello di rivolta, qt1ando· si sanno- ~cegliere gli slogan ·a.datti, e specie quan.do si in.contrano· la res.istenz·a del1' autorità (in questo caso a•ccademica) e a·d•dirittura lo sbarramento de1le fo1 rze -di p·o1izia, è più facile· far proselit 1 i, a,rruolare « schiere d'urto » capaci di p·ro,durre sforzi atletici an,che ·considerevoli. È più facile indubbiamente di quando, come era il caso dell'UNURI, si ·condu,ca una battaglia, pur tena·ce, ma che resta nelle regole ,della pro-cedura ,democratica. Il problema semmai dell'attuale Mo,vimento Studentesco è quello di vedere se sia possibile e conveniente prolungare la « tensia-ne rivoluzionaria », ab·braccian-do le tesi dei gruppi massimalistici. Tali gruppi hanno avuto indubbiamente una funzio11-e coagulante di rilievo nella fase rivoltosa, cioè nel pro·vo.. care l'a-ccensione « rap,id·a ed efficace » delle masse gio-vanili. Ma il Movimento, nella misura in cui deci,da di continuare a farsi « massimalizzare », co·rre il rischio ·dinnanzi ·alla totalità -della pop-olazio·ne stude·ntesca (o·scillante fra il mo·deratismo e !'·assenteismo, e certo no,n sufficientemente sensibilizzata an1cora ai problemi dell'Università e d·ella società) di app•arir,e un m-ovimento ,di vertic-e, così co·me e·ra giudicata l'UNURI. E si sarebbe punto e d·aocap·o sul pian·o della formazio 1 ne di un serio, democratico movimento studentesco di · b·ase. Comunque sarebbe errato altresì insistere sulla tesi che le 19 Bib·li.otecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==