I Argunienti mazione siano finalizzati caso per caso e solo i11 relazione alle vicende economiche delle aree di sviluppo. È vero che la battaglia per le aree di sistemazio,ne si vince o si perde nelle aree di sviluppo globale; ma è anche vero cl1e affinché il Molise od il Cilento conseguano la struttura urbanistica delle provincie di Cuneo o di Rovigo non è sufficiente - anche se necessario - che le aree di Napoli e di Bari pervengano a livelli economici vicini a quelli di Milano o di Torino. Non sono sufficienti - a11che se impo,rtanti - gli effetti indotti, le integrazioni eco·nomiche, la determinazione di nuove direttrici di sviluppo,, fattori che potranno essere 1naggiormente benéfici, e non potenzialmente da11nosi, pro1 prio nella misura in cui siano valutati e posti in relazione con u·na politica autonoma che esprima le esigenze ed i problemi specifici dei territori di sistemazio,ne. In altri termini, a monte di tutti i rapporti e le integrazioni particolari, è necessario che venga definita una politica generale delle aree di sistemazione che inqua-dri e razionalizzi gli interventi pubb,lici, quali che sia·no, in questi territori; le « soluzio11i specifiche », cioè, non devo,no essere riferite soltanto 1 agli effetti dello sviluppo delle aree contermini, ma ad una strategia ufficiale dell'urbanizzazione delle zone interne, la quale, analo,gamente alla strategia ufficiale dell'industrializzazione nelle zone di sviluppo, sia unica per quanto riguarda i fini, differenziata per quanto riguarda le singole realtà. I piani regionali di sviluppo. È stato affermato che l'istituzio11e delle regioni a statuto ordinario porterà ad una visio,ne più realistica degli squilibri regio,11ali e ad u11a più rapida soluzione dei problemi dei territori più po·veri e bisognosi. Senza voler approfondire l'intricata questione dei rapporti intercorrenti fra programmazio·ne nazio,nale e programmazione regionale, crediamo tuttavia si possa affermare con una certa sicurezza che, allo stato attuale delle cose, tali rappo,rti sono viziati da una notevole dose di confusione. Non è chiaro, infatti, fino a che punto i comitati regio-i1ali per la programmazione eco·nomiça siano vincolati dalle ipotesi e dalle scelte fatte in sede nazio·nale, né, per converso, fino a che punto, le ipotesi formulate a livello regionale possano influenzare le scelte nazio·nali. Senza contare che per le regioni 1neridionali vi sono, anche i piani di coordinamento degli interventi pubblici, predisposti dal Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno. A parte le soluzioni concrete, il dialogo dovrebbe co11sistere in reciproche, successive verifiche, in co,ntinui, anche se faticosi aggiorna89 Bi-biiotecaginobianco
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