Bruno Costo Anedda La realtà caotica dei porti. Lasciando da parte i principi teorici e le disquisizioni giuridiche su possibili nuove discipline dei trasporti, dobbiamo rilevare che i sardi (e le Autorità tutte) dovrebbero almeno impegnarsi a far applicare le discipline vigenti. Ciò al fine di allentare la stretta fatale del laccio al collo dell'economia isolana costituito dall'attuale sistema dei trasportio Collegato al problema che interessa tutto il Paese, ma che stranamente non ha ancora interessato la magistratura italiana, nonostante il cumulo di illegalità, di arbitri, di prelievi assurdi, di miliardi sottratti all'economia intera del Paese e amministrati senza validi controlli. Non occorre scendere nei dettagli tecnici delle assurdità con cui è regolato il lavoro portuale. E sarebbe troppo lungo rinvangare la esosità delle tariffe imposte all'utenza portuale (cioè a tutti i sardi e a gran parte degli altri italiani) in modo spesso arbitrario mediante il meccanismo delle vette e delle rese, meccanismo che già dal 1963 il Consiglio Nazio.nale dell'Economia e del Lavoro ha definito bisognoso di revisione. Per il momento, basta ricordare che, in linea generale, la merce che arriva in Sardegna, o parte dalla Sardegna, paga, su ogni 100 lire di trasporto, 30 lire per il nolo della nave e 70 per i lavoratori portuali, irregimentati nella struttura arcaica delle « Compagnie » onnipotenti o delle imprese parassitarie. È evidente che quando la Sardegna decide di lottare per abbattere la sua condizione ·di insularità deve indirizzare la sua azio,ne sia a rendere più esiguo l'onere del trasporto, sia ad• annullare del tutto gli oneri artificiosamente posti sulle banchine dei porti. Per i sardi è già un handicap la distanza e il percorso via mare perché si possano permettere il lusso di pagare alle « Compagnie » e alle im·p,rese portual_i una tangente che varia senza che l'utente - tutti i sardi e gran parte degli italiani - possa sapere preventivamente quanto debba spendere per un qualsiasi trasporto ·di merci. Si dirà che anche questa categoria di lavoratori deve essere tutelata. Ed è giusto. Ma non si può continuare a sopportare che i 270 lavora-. tori portuali di Cagliari, così co.me i 13.000 portt1ali di tutta Italia continuino a rappresentare la manifestazione vivente della più grande ingiustizia sociale, tanto più quando si constata che i miliardi che vengono prelevati in loro no·me solo in parte raggiungono la destinazione proclamata. Sarebbe troppo lungo esporre qui tutto il marcio che si annida sul fronte del porto e che arriva fino ai pii1 alti livelli della burocrazia mi74 Bibiiotecaginobianco
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