Nord e Sud - anno XV - n. 106 - ottobre 1968

Antonio Ghirelli l'Italia dalla NATO come premessa per la liquidazione della politica dei blocchi, ed indirettamente per un alleggerimento della pressione militare su Praga. L'on. Longo usa anche lui il termine di « normalizzazione », ma in un senso assai :diverso da quello hitleriano ispirato da Mosca, considerandola come uno stato di cose « che permetta, sulla base dell'eguaglianza e del rispetto pie110 dell'indipendenza e della sovranità di ogni Stato, un reale rafforzamento della loro unità e collaborazione in tutti i campi »: quindi anche di una collaborazione libera e indipendente tra cechi e sovietici. Il rapporto confer1na la « riprovazione » e il « grave dissenso » per l'intervento militare dei cinque paesi, sottolineando come esso sia arrivato inatteso e totalmente ingiustificato dai fatti, pochi giorni dopo l'incontro di Bratislava. Ma già in questa conferma, che impronta la prima parte della relazione, tornano ad affacciarsi quelle contraddizioni di fondo e quell'attitudine alla « doppiezza » che caratterizzano da molti anni la politica del P.C.I. L'invasione della Cecoslovacchia viene definita, sulla falsariga della tesi francese, un « terribile errore »; ed ancora di « errori », neppure terribili, con1messi dal P.C. cecoslovacco « sotto la direzione del compagno Novotny », si parla per giustificare le ragioni di Dubcek:, quando pure, poco più oltre, Longo colloca l'iniziativa del Nuovo Corso in « un momento di profondo deterioramento e di crisi della situazione cecoslovacca, dopo lunghi anni di un regime di partito e politico in cui avevano prevalso, e pesantemente gravato, metodi autoritari e amministrativi ». Che senso ha, dal punto di vista morale, definire come semplici errori, ossia con1e prova di incapacità politica, manifestazioni criminose quali l'invasione armata di un paese amico, in spregio ad un impegno liberamente sottoscritto quindici giorni prima (come nel caso dell'Unione Sovietica), ovvero la liquidazione fisica di ogni oppositore, il terrorismo poliziesco, i falsi processi di Slansky e Clementi~, la defenestrazione di Masaryk, il colpo di Stato del febbraio '48, il soffocamento di ogni libertà intellettuale, la demolizione dell'avanzata economia nazionale al servizio di interessi imperialistici stranieri ( co1ne nel caso del ventennio comunista in Cecoslovacchia)? E che senso ha, nel quadro ideologico della stessa dottrina marxista, quella che 11n tempo si chiamava socialismo « scientifico », contin11are ad attribuire alla responsabilità soggettiva, quando non addirittura psicologica, di questo o quel dirigente, Stalin o Novotny, Krusciov o Breznev, degenerazioni di tipo « autoritario e amministrati,,o », cioè terroristico, che si ripe32 Bibiiotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==