Nord e Sud - anno XV - n. 106 - ottobre 1968

... Domenico Petrocelli Gianfranceschi, romanzo singolare e insolito nell'odierna stagione letteraria. E non a caso una morbida Peinture di Poliakoff, col giuoco misterioso, e insondabile dei suoi blu e verdi profondi, interrotti da rade tessere « calde », introduce visivamente alla sua storia: dove il tono dimesso della narrazione, mosso qua e là da una vena sorvegliatamente aforistica, giova a di,panare un nodo di rapporti, un intricato groviglio di relazioni p·sicolo·giohe, nel quale a mano a mano si chiarisce e si precisa (ma non tro,ppo) la sua oscura fisionomia. È un perso·naggio, quest'Eugenio, che ha qualche parentela con lo· sveviano Zeno Cosini: la sua costante capacità di autoanalisi, quel tipico distacco dal mondo e dalla propria storia personale di chi « si osserva vivere», quell'attitudine estetica, e direi filosofica alla contemp1azione delle cose, infine la possibilità di comunicare agli altri soltanto l'in·differente periferia del suo essere. Come nella Clarisse di Musi!, tra lui e le cose s'instaura uno scambio permanente di segni e di accordi, qt1asi una corr1plicità, una corri·spondenza vitale. Un improvviso e inesplicabile « segno sulla mano » s'innesta d'un tratto nella sua tensione percettiva: può essere un indizio (un ritorno del passato, della « paura del passato»), o· ancl1e una premonizio,ne, un in.vito all'irrazionale, a quegli alo,ni tenebrosi e a1nbigui che si aprono a volte nella vita, a quel mon·do· metafo 1 rico e interdipendente evocato da un attimo di silenzio, dalle volute di un frontone, da t1n'esperienza sensuale: in una parola, al mondo dell'occulto. Un « segno» che gli seconda, in ogni caso, vari incontri e avventure, nell'eterogeneo milieu dei frequentatori della libreria, fino a che d'im,provviso·, com'era venuto, scompare. Ed Eugenio si ritrova, maturate le sue nuove sensazioni, ad aspettare nel negozio che gli ha lasciato il vecchio libraio il ritorno d'una « Grazia» altrettanto arcana e sfuggente. Anche la cornice di questa storia che non si compie è, per suo conto, stregata: la vecchia Roma barocca, rivissuta , nella dimensione fantastica che fu di Scipione, una città sciroccale, che mette alla prova gli uomini, li stordisce, li imprigioina in una rete di intrighi, li allena all'ignavia percl1é no,n scoprano, se non ne siano degni, la sua forza segreta. E sono b~Uissime pagine, i11 cui Roma, le sue piazze, gli obelischi, il suo antico travertino si co,lorano di luci discrete e risuonano di echi sotterranei, come il mondo segreto delle cripte sotto le navate delle chiese. Un libro affascinante, questo che Fausto Gianfranceschi ha dato al suo esordio narrativo, dopo varie prove saggistiche (Il neorealisn10, L'uomo in allarme, Il diario di un conformista, Dino Ruzzati), in cui gli aspetti peculiari della cultura e del costume dei nostri giorni venivano indagati con una ferma coscienza critica. Un libro, Il segno sulla mano, che si situa al di fuori di ogni interesse di scuola e di tendenza, poiché esula del tutto dagli schemi del romanzo contemporaneo. Una sorta di romanzo-saggio, con aperture e implicazioni perfino religiose, un conte philosophique sorretto da una pungente ironia (si veda la figura, appena delineata ma. assai riconoscibile, del « migliore fondista di un giornale indipendente », un personaggio poli114 Bibiiotecaginobianco

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