Nord e Sud - anno XV - n. 105 - settembre 1968

' Narrativa meridionale e problematica di cultura a un equivoco che in nessun modo ci piacerebbe avallare: quello di una narrativa sociale od a tesi o che comunque venisse meno all'imprescindibile autonomia che è dell'arte: vogliamo perciò anticipare quanto diremo alla fine, sulla necessità di giudicare la narrativa meridionale in chiave assolutamente non meridionalistica bensì unicamente estetica. Ma per riprendere (e in qualche modo concludere) il precedente discorso, il rapporto con la nuova cultura e col Settentrione dev'essere particolarmente impostato nella direzione di attingere quella maggiore modernità e padronanza di sé che l'individuo del Nord, favorito da un ambiente più aperto e pii1 libero dal bisogno (o perc}ié più libero dal bisogno) indubbiamente ha raggiunto. Il pericolo sta tuttavia nel rischiare, con una osmosi culturalmente non preparata e per ciò stesso passivamente subita, di adulterare o di spegnere il carattere più originale e congenito dell'uomo meridionale, la sua stessa autenticità che lo distingue etnicamente e psicologicamente dal connazionale del Settentrione: il quale anch'egli d'altronde (proprio per la società dell'industria si è parlato con più insistenza di alienazione) non è detto che dalla sua « integrazione » in una civiltà più industriale e livellatrice abbia tratto soltanto elementi positivi e liberatori. Su queste considerazioni va posto il problema della nuova cultura: il cui compito e quello di secondare l'evoluzione e il rinnovamento mediante un canale il più cosciente possibile, e attivo, che non mortifichi ma utilizzi e secondi le caratteristiche etniche, vincendo superstizioni e tabù senza coinvolgere insieme con essi i valori, che faccia insomma, del premere di nuove forze, non un dispersivo e irrespo11sabile modernizzarsi 11el senso di « integrarsi » o « alienarsi », ma un consapevole acquisto di civiltà. Su una problematica di tal sorta una narrativa può agire esclusivamente se abbia una carica fortemente ideologica (che non significa un'arte propagandistica, bensì un'arte culturalmente vitale); e si comprende da questo l'inefficienza del neorealismo, che con tutto il suo merito di aver voluto e saputo respingere l'isolamento in cui le restrittive implicazioni politiche e la concezione stilistica del ventennio avevano a poco a poco relegato gli scrittori, e di essersi così avvicinato. a una pluralità di uomini coi loro problemi sociali e di convivenza, per mancanza di idelogia (di cultura) e per generico sentimentalismo e moralismo - i due sostantivi son di Moravia - non riuscì certo chiarificatore e si lasciò facilmente strumentalizzare da un settore politico ben definito. Sono oggi gli stessi comunisti a riconoscere l'inadeguatezza del neorealismo ad ad~rire alla realtà sociale di allo'ra (vedi Asor Rosa); a parte il fatto che quasi nessuno dei neorealisti, per polemica o ineducata 29 Bibliotec·a Gino Bianco

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