Lanf rane o Orsini blicava il suo, è insieme con Ferito a morte e con Era l'anno del. sole quieto particolarmente significativo a far risaltare l'evoluzione e il percorso, sia pure nel solo quinquennio 60-65, del m?do di. concepire e rappresentare Napoli, e, con essa, il problema meridionale. Alludiamo a La dama di piazza di Michele Prisco, che coi due succitati romanzi di La Capria e Bernari disegna una indicativa parabola e per quanto riguarda i contenuti e per quanto riguarda la tecnica: basterebbe anzi, a chi tenga presente quanto si è scritto alla fine del precedente paragrafo circa il rapporto fra struttura narrativa e contenuto ideologico-culturale, la considerazione delle tecniche adoperate nei tre romanzi per ricavarne facilmente le posizio,ni di cui questi libri riescono, a parer nostro, esponenti, in un senso, o nell'altro, esemplari. È, nel meridionalismo di Prisco, soprattutto il mirare all'umano, l' « operazione sull'uomo » nonché « il bisogno che l'uomo ha di confrontare sugli altri e negli altri l'immagine che si fa di sé stesso » (secondo le definizioni di Prisco medesimo nella rivista « Le Ragioni Narrative » che egli diresse e la cui breve vita dal gennaio _1960al giugno 1961 è pur essa un capitolo indicativo della problematica di cultura nella narrativa meridionale). Ne derivano al libro di Prisco, ben lontano dalla crudeltà illuministica di Moravia, da un lato la comprensione e quindi la simpatia e l'indulgenza per l'angustia piccolo-borghese, dall'altro la possibilità di accantonare ogni ricerca di tecnica per una narrazione tutta fluente e cordiale. Accantonamento che non sig~ifica affatto elusione, come del resto aveva mostrato la scaltrezza compositiva dei precedenti Figli difficili e più ancora mostrerà la successiva Spirale di nebbia che già inserisce l'ambiente e la problematica psicologica in una risonanza più modernamente e ampiamente europea. Ma una tecnica culturalisticamente aggiornata sarebbe stata eccessiva e stonata per i personaggi della Dama di piazza, e questo ci pare una conferma fornita dalla obiettiva evidenza dei testi alla nostra tesi circa il rapporto tra problematica di cultura e tecnica narrativa. Così, nella Dama di piazza, Aurora è l'immagine e il simbolo di una Napoli ·ancora legata a un sorta di incoscienza sociale e politica di sé stessa, e dopo il primo centinaio di pagine, che coerentemente rappresentano in tono tra minutamente veristico e bozzettistico i personaggi socialmente più elementari e modesti del libro, la simbiosi della protagonista con la città si fa via via più evidente nei capitoli ultimi, quando Napoli dopo l'arrivo degli americani è una babilonia caotica e fermentante di corruzione e dolore e istinto vitale improvvisamente scatenatosi dopo le morti e la fame. È una simbiosi che non ha nulla di intellettualistico e preordinato, la parossistica accelerazione esistenziale ed erotica del personaggio diviene di per sé stessa suggerimento ed 26 Biblioteca Gino Bianco
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