Nord e Sud - anno XV - n. 105 - settembre 1968

JJanfran,co Orsini con la condizione socialmente depressa· del Meridione, se ne fa anzi l'aspetto e l'inevitabile traduzione sul piano delle rese artistiche. Tuttavia si direbbe che i narratori italiani e in particolare n;ieridio-nali abbiano quasi paura di rappresentare l'intellettuale con dei problemi che superino la fenomenologia più dimessa e giornaliera del vivere, e che in realtà a questi problemi essi stessi si sentano assai scarsamente vocati. Naturalmente una affern1azione siffatta, come tutte le affermazio·ni sommarie, è suscettibile di modificazio·ni e verifiche e potrebbe venir facilmente tacciata di schematismo e astrattezza; ma il fatto) stesso che la si possa avanzare o discutere dimostra che un suo fo,ndamento dev'esserci. Cercheremo dunque nel seguito di queste pagine, tenendola sostanzialmente per vera, di analizzarla in qu·el che abbia di più essenzialmente specifico, nelle ragioni storico-sociali e culturali che possano aver determinato il fenomeno. E sarà opportuno anzitutto, generalizzando il problema, fermarci un momento· sulla diversità, che abbiamo asserita al principio, tra la narrativa italiana e quelle straniere: della quale diversità le ragioni, se ci avverrà di documentarla, potranno far meglio e più icasticamente apparire l'aspetto particolare, che stiamo qui esaminando, della narrativa meridionale. Ma basterà solo ripetere i nomi c_he abbiamo già sopra citati - Ma11n,Musil, Broch, Hesse, Gide, Camus, Huxley - per denunziare senza bisogno di ulteriori dimostrazioni la differenza di clima e .di ambientazione culturale tra questi scrittori ed i nostri (piuttosto sarà maggiormente difficile cercare il perché, in tutta l'area della narrativa italiana e specialmente del Sud, di questa carenza che potremmo chiamare ideologica o, meglio, di problematica intellettuale). Basterà risalire nel tempo per scorgere come il romanzo et1ropeo di origine illuministica e borghese sia strettamente filiato dalla saggistica, e i primi spunti della narrativa moderna si trovino, a guardare di là dalle forme, nel saggio. Si pensi ai romanzi di Voltaire e di Diderot; si pensi ai romanzi dell'illuminismo e del romanticismo tedeschi, che sono tutti ed esser1zialmente Bildungsromane; si pensi all'Inghilterra, dove i più grandi narratori del '700 sono anche dei saggisti, a cominciar da De Foe cl1e prima di scrivere romanzi (alla quale attività si dedicò molto tardi) fece esclusivamente il saggista e per tredici anni pubblicò una delle più importanti riviste inglesi del '700, fino allo Sterne, il cui Tristram Shandy è quasi un lungo saggio, o per lo meno L1n romanzo, estrema1nente ricco di digressioni saggistiche, e al Goldsmith, il più popolare se non il maggiore di quei romanzieri, che esercitò anch'egli una vastissima attività di saggista. Inizi che si ritrovano confermati nelle successive tradizioni letterarie. di Francia, Germania e Inghi 1 lterra, e che si prolungano oggi se ci co1 nsentono conti20 BibliotecaGino Bianco

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