Na1 rativa meridionale e problematica di cultura E vogliamo qui fare, all'inizio, una dichiarazione di principio che potrà anche parere in certo qual modo personalistica, ma che in effetti concerne un problema di valutazione e di metodo la cui soluzione, in un senso o nell'altro, allarga o restringe la stessa nozione, e la conseguente portata ideologica e culturale, della narrativa e della letteratura del Sud. E cioè che di essa, da parte di critici e storici, si suol conservare un'interpretazione troppo restrittiva e categorica, per cui scrittore meridionale è ritenuto soltanto chi narra di personaggi e di ambienti tipicamente e anagraficamente locali: confondendo quindi « meridionale» con « meridionalistico ». Ma anche le « eresie » (per dirla secondo il titolo del libro di Guido Macera, L'eresia meridionale) co11corrono a determinare un aspetto, se non altro per anomalia, della società e della letteratura del Mezzogiorno. Si tratta comunque di rare, di troppo rare eresie; e come già si è detto più sopra, la considerazione si allarga a quasi tutta, nel tempo, la narrativa italiana. Se guardiamo ai romanzi di un Thomas Mann, di un Resse, di un Broch, di u11 Musil (e per non limitarsi a tedeschi sì potrebbe citare anche un Gide, un Camus, un Huxley), opere così intimamente nutrite della tematica intellettuale, filosofica e psicologica della più alta cultura europea, e poi consideriamo nel suo insieme la produzione dei narratori nostrani, essa ci sembra tenacemente ristretta alla fattualità più immediata e quotidiana dell'esjstenza come sentimento, azione, socialità, quasi mai sollevandosi a contenuti e problemi intellettuali, verso cui si dimostra, al contrario, sostanzialmente disinteressata ed estranea. Ed è proprio negli scrittori meridionali che ciò più si nota ed avverte, contraddicendo nell'apparenza a un ambiente che è stato forse il più denso storicamente di fervori e fermenti ideologici. Si pensi al Vico e alla Napoli illuministica del Filangieri e del Cuoco sul finire del '700, al De Sanctis e alla sua scuola nell'800 anche per ciò che essa significò sul piano civile, e poi a un Labriola e alla presenza di un Croce. E per l'appunto un saggio del Croce, La vita culturale a Napoli dal 1860 al 1900, documenta l'intensità e la vivezza di questa cultura napoletana alla fine del secolo scorso; ma gli scrittori meridionali, dalla Serao ai più recenti, hanno quasi del tutto ignorato tale realtà « superiore », si sono dedicati esclusivamente a rappresentarci il mondo del popolino o della piccola borghesia, mondo che è ancora al di qua di ogni interesse culturale e intellettuale: un mondo i cui problemi principali sono quelli del pane, dello stipendio, delle più elementari passioni. Ora è chiaro: se uno scrittore realista rispecchia necessariamente l'ambiente, se certi fattori storico-sociali, di base, in una letteratura realistica contano, il fenomeno ha una sua interna necessità che lo intona 19 BibliotecaGino Bianco
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