Nord e Sud - anno XV - n. 105 - settembre 1968

Leone Iraci togli, con minor accanimento. Ciò dipende, ancora una volta, dal persistere di concezioni sUJperate: noi siamo fortemente diffidenti nei confronti di qualsiasi tentativo diretto a rallentare quel massimo sforzo che per lungo te1npo è stato considerato il fondamentale pregio economico » 20 • Anche per i paesi sviluppati sembra esservi qui una sopravvalutazione dell'opulenza e una sottovalutazione delle possibilità di una caduta cumulativa dell'efficienza del lavoro. Ma soprattutto è evidente che, per i paesi sottosviluppati questa « apologia dell'ozio » saldandosi con analoghi atteggiamenti derivanti dalla società tradizionale, rafforzerebbe direttamente e indirettamente gli ostacoli allo sviluppo. Nello stesso senso vanno altre affermazioni acritiche di Galbraith che non sen1brano giustificate neppure nelle condizio,ni delle società economicamente sviluppate: « Col diminuire dell'urgenza n1arginale dei beni, è naturale che i primi ad essere risparmiati siano i vecchi e i giovani. Tuttavia, noi non abbiamo ancora inquadrato tale tendenza in una visuale più ampia. Siamo ora in grado di fare a meno del lavoro di coloro che hanno raggiunto l'età della pensione, perché i beni che essi producono sono di scarsa urgenza, a differenza di una società povera che è costretta a sfruttare fino all'ultima stilla la capacità lavorativa di ciascuno. Ma di solito noi abbiamo anche assoggettato coloro che vanno in pensione a una drastica riduzione del reddito e del livello di vita. È ovvio che, se si può fare a meno del lavoro dei vecchi perché i beni non sono più urgenti, la stessa ragione dovrebbe indurci ad assicurare al lavoratore che va in pensione un livello di vita soddisfacente, il che significa, sotto molti riguardi, il livello di vita abituale. Lo stesso ragionamento vale per i minori. Noi li escludiamo dal mercato del lavoro, in parte perché 11 lavoro, in tenera età, è troppo faticoso e troppo pericoloso per la salute, in parte per assicurare la possibilità di una adeguata istruzione. Ma mentre noi abbiamo creduto di poter fare a meno dei beni prodotti dai giovani, non abbiamo ancora provveduto, almeno in misura soddisfacente, a quella istruzione in vista della quale li abbiamo esentati dal lavoro. Se è vero che noi siamo ricchi abbastanza per poter fare a meno dei beni che essi producono, allora abbiamo anche mezzi sufficienti per provvedere alla loro istruzione » 21. Qui l'autore sembra dare per dimostrato quanto si tratterebbe, se mai, di dimostrare. Non si può infatti presun1ere che sia senz'altro desiderabile l'esclusione dal lavoro dei vecchi (oltre quale età?) e dei gio•vani (fino a quale età?) neanche nel caso che sia possibile assicurare loro un livello di reddito accettabile, come probabilmente sarebbe 20 Ip. cit., p. 341. 2 1 Idem, p. 343. 122 BibliotecaGino Bianco

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