.. Leone lraci a quella di nessun altro, paese, i criteri di investimenti applicati non hanno consentito una situazione durevole di piena occupazione, anche al di fuori di fatti congiunturali. Anche negli ~tati Uniti esiste - certo in forme diverse da quelle dei paesi sottosviluppati, ma con caratteri in qualche modo analoghi - una disoccupazione non soltanto ciclica, aperta e nascosta. In sostanza, si tratta di u11a disoccupazione che rientra in quelle che le teorie della prima occupazione elaborate negli anni 40 definivano disoccupazione stn1tturale, cioè di una insufficienza di capitale, in confronto all'offerta di lavoro, anche se l'abusato eufemismo di disoccupazione tecnologica tende implicitamente a prese11tarla come un fatto favorevole e inevitabile 17 • Negli stessi Stati Uniti è ormai evidente l'intollerabilità sociale anche di una disoccupazione relativamente limitata. Di fronte al livello dei tempi, in presenza delle aspirazioni e delle possibilità della seconda metà del XX secolo, alla fine di quegli anni 60 che sono stati in tanta parte una occasione perduta per l'Occidente co11temporaneo, un paese che ha il peso internazionale e le responsabilità degli Stati Uniti di oggi non può permettersi una disoccupazione che non sia strettamente frizionale. Non potrebbe permettersela neanche nel caso - del resto tutt'altro che realistico - in cui tale disoccupazione non avesse nessun effetto sul prodotto. Ma è cl1iaro che indicazioni come questa, nella 1nisura in cui possono avere un'i11fluenza nell'opinione pubblica, avrebbero un effetto molto più grave in paesi in cui, da una parte, i valori « produttivistici » 17 Il significato mistificatorio del termine di disoccupazione tecnologica deriva da due fatti. Uno, è il legame emozionale dovuto all'accostamento delle parole: se la disoccupazione tecnologica deriva dal progresso tecnico, assumendosi che il progresso tecnico è un fatto favorevole, si tende a presentare la « disoccupazione tecnologica» come un aspetto, sia pur spiacevole, ma tollerabile, di un fenomeno favorevole. L'altro, è l'assumere (come si fa, implicitamente, quando si parla di disoccupazione tecnologica) che il ritmo e la direzione del progresso tecnico siano indipendenti da una scelta economica, così che a un dato momento ci si trovi di fronte a una nuova tècnica che si dovrebbe comunque adottare. In realtà, è vero che in genere il progresso tecnico è favorevole allo sviluppo, ma coeteris paribus: cioè un dato progresso (tranne casi eccezionali) è meglio che nessun progresso. Ma «progresso» non significa qualsiasi tecnica nuova o, come spesso implicitamente si tende a presumere, qualsiasi tecnica nuova e più complessa di quelle p·recedenti: significa introduzione di una nuova tecnica che, data la dotazione esistente di fattori produttivi, consenta di elevare la produttività media del sistema. D'altra parte non c'è nessun motivo per assumere come un pri111.um mobile una data direzione della ricerca e perciò del progresso tecnico: è evidente che le scelte riguardanti la ricerca scientifica fanno parte delle scelte economiche e sono razionali solo in quanto accrescano la produttività globale delle risorse, comprese quelle destinate alla ricerca stessa. 120 - BibliotecaGino Bianco
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