Nord e Sud - anno XV - n. 105 - settembre 1968

Dino Frescobaldi industriali italiani avevano esportato più prodotti dei loro colleghi di quel paese. Tra i sei soci il risultato del l\tlercato comune, fin da prima clella data del 1° luglio, è stato un rnaggiore benessere. Nel decennio il const1mo privato è aumentato in Italia del 107 per cento mentre i prezzi so110 sa}iti del 36 per cento. Sensibiii differenze anche negli altri paesi: 99 per cento contro 39 in 012.. nda, 90 per cento contro 39 in Francia; in Germania e in Belgio i co11sumi sono cresciuti rispettivamente del 70 e del 63 per cento, mentre i prezzi hanno segnato un salto pressoché uguale del 23 per cento. La riuscita del Mercato comune è provata da u11 altro confronto: il volume degli scambi tra i sei soci è aumentato del 138 per cento, mentre nello stesso periodo l'interscambio 1nondiale registrava un progresso dell'89 per cento. Nel campo industriale, il Mercato comu11e ha prodotto solidarietà e legami sovranazionali per cui oggi la mjnaccia di una reversibilità del processo getta il panico in certi ambienti del mo11clo degli affari. Gli cspone11ti dei grandi complessi e11ropei hanno i loro uomini a Bruxelles. Tra loro la parola d'ordine è « difendere il ~Aercato comune ». Si ha r>iì1fiducia nella Commissione degli « apatridi » e degli « eurocrati » che in certi governi nazionali i quali, insieme al ritorno ad un'economia chiusa, pron1ettono la « partecipazione » degli operai 11elle aziende. Per la voce del capitale la Commissione è in fondo garanzia di liberalismi, mentre ogni nazionalismo contiene il pericolo di un dirigismo e di un « riformismo demagogico ». Certo il Mercato comune ha fatto conoscere fi11ora, per gli industriali, « più rose cl1e spine » seco11do la formula del bancl1iere fra11cese Chalando11. A Bruxelles i si11dacati sono virtualmente assenti. Esiste una politica indt1striale di fronte alle Co1nunità; non esiste una politica sindacale. L'idea di contratti collettivi st1l piano europeo trova mille difficoltà, ma anche 1nolta i11comprensione fra coloro che dovrebbero essere i primi a sentirsi interessati. Se l'industria ha marciato e marcia nel se11so dell'integrazione, l'agricoltura ha tirato il freno. La politica agricola co1nunitaria è stata sempre dettata da qualche « emergenza ». Non si è fatta finora « politica » nel senso più vero e alto del termine. Si son trovati dei rimedi, delle soluzioni empiriche. Il risultato è stato cl1e a momenti si è finito col perdere il filo della logica. La politica dei « prezzi unici » per i prodotti agricoli dell'area dei sei è stata una politica di mercato .a corto respiro. L' « Europa verde » non può nascere su queste basi. Occorre passare coraggiosamente alla trasformazione delle strutture. E qui il l\1ercato comu11e troverà il st10 banco di prova. Non si può concepire una riforma della strutture agricole se11za penetrare nel 10 Bibli"otecaGino Bianco

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