Nord e Sud - anno XV - n. 105 - settembre 1968

Leone Iraci quelle mutuate dai paesi che erano i più sviluppati all'inizio del periodo) senza che si manifestino rilevanti diseconomie esterne del consumo. Non per caso, la deprecazio,ne rituale e ~critica della « società opulenta » assume esplicitamente o implicitamente esempi dalle grandi città degli Stati Uniti (e anche di paesi molto meno sviluppati degli Stati Uniti come l'Italia: anzi in Italia si è assunto quasi dogmaticamente che l'Italia stessa sia una società opulenta 8 ) e non dalla Svezia o dalla Svizzera o anche dall'Oregon o dalla Virginia. La conclusione acriticamente ge11eralizzata per un riordinamento razionale dei consumi è, in Galbraith, una redistribuzione tra consumi privati e consumi pubblici, a favore di questi ultimi. Mentre è evidente che nelle condizio•ni degli Stati Uniti prekennediani un riordinamento razionale delle risorse destinate al consumo implicasse anche (ma non soltanto, e forse neanche prevalentemente) un accrescimento relativo dei consumi pubblici, non è affatto dimostrato che questo fosse vero né nei paesi semisviluppati dell'Europa e nei paesi più o meno sottosviluppati del Terzo Mondo. Su questi temi l'opera inevitabilmente, e del resto dichiaratamente « nordamericanocentrica » 9 di Galbraith, anche per chi non ne accetta acriticamente le co,nch.1sioni per gli st_essi Stati Uniti, parte da presupposti che, almeno in prima approssimazione, esistevano negli Stati Uniti. Ma al di fuori degli Stati Uniti, e anche in opere statunitensi riferentisi ad altri paesi, il contributo di Galbraith è stato recepito acriticamente o altrettanto acriticamente ignorato. O si è assunto - senza in alcun mo,do dimostrarlo - che i presupposti di una politica galbraithiana esistevano, più o meno nella stessa misura, in tutti i paesi sviluppati, o anche in paesi semisviluppati e più o meno sottosviluppati; o, invece, si è presunto che per i paesi sottosviluppati il problema non esistesse. Le differenze, tutt'altro che trascurabili, tra gli Stati Uniti e altri paesi anche a livello di sviluppo non sostanzialmente dissimile sono state quasi sempre· sottovalutate 10 : ma non è possibile, in riferimento 8 In un altro studio ( « Questitalia », ottobre 1967) si è certato di spiegare i motivi e la misura della sopravvalutazion,e dell'opulenza italiana degli anni 60. 9 Sono disposto ad ammettere che questo neologismo (introdotto per analogia al diffuso, e abusato, «eurocentrismo») è piuttosto brutto. Ma non sembra disponibile un termine diverso per dire la stessa cosa. Dire « americanocentrismo » significherebbe identificare il Nordamerica con l'America, cioè assumere un atteggiamento, appunto, « nordamericanocentrico » verso l'America Latina. 10 Uno dei pochissimi economisti che ha dimostrato di essere consapevole del fatto che non ogni paese capitalistico sviluppato è necessariamente qualche cosa di simile agli Stati Uniti è indubbiamente GUNNAR MYRDALin Challenge to Affluence, Gollancz, Londra 1962. 116 B:blioteca Gino Bianco

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