Nord e Sud - anno XV - n. 104 - agosto 1968

Svilitppo per « blocchi di investimento » in una determinata circoscrizione territoriale sorge un'industria - detta « motrice » - si genera parallelamente, per altre industrie, l'incentivo a sorgere e crescere intorno ad essa. Gli effetti successivi sono concatenati gli uni agli altri e l'industrializzazione si sparge «a macchia d'olio». La vera novità della teoria dei poli non è tanto, però, quella di riconoscere un fenomeno rivelatosi evidente ormai da tempo; quanto piuttosto di teorizzare ciò che l'esperienza mostra e suggerire gli strumenti operativi di politica economica. Perroux nota che è fatto grossolano, ma vero, che lo sviluppo non si verifica dappertutto, contemporaneamente, ma che si manifesta in punti, o poli di crescita, con intensità variabili e che si espande attraverso vari canali, con effetti finali variabili per l'insieme dell'economia: « tanto nelle regioni a crescita ritardata quanto nelle regioni sviluppate, la crescita non è equamente ripartita tra industrie e luoghi. I nuovi investimenti si accumulano spesso nei punti dove una numerosa serie di investimenti antecedenti conferisce loro un rendimento elevato. È questo il caso di un'aliquota importante degli investimenti capitalistici, che, posto un determinato livello di interesse, sono attratti dalla più a,Ita redditività netta; e di una parte degli investimenti pubblici, decisi sotto la pressione delle popolazioni concentrate ». Perroux e la sua scuola rifiutano, insomma, che si possa ottenere una crescita « bilanciata », come risultato di investimenti intrapresi simultaneamente, realizzando contemporaneamente un'infinita molteplicità di punti di sviluppo. È vero che lo sviluppo deriva dal coordina1nento dei punti in cui si concentrano gli impulsi che propagano i loro effetti in un determinato intorno economico; ma è anche vero che esistono punti particolari, i quali per una serie di circostanze tipiche, lasciano intravedere la probabilità di effetti motori più intensi. Si tratta di scegliere questi punti, o di riconoscere analoghi punti già esistenti, ed orientare su di essi tutte le politiche di investimento. Il polo di sviluppo viene dunque concepito come ristretto ambito territoriale, sede di un gruppo di unità economiche in grado di provocare una catena di nuove attività e innovazioni. Questi insiemi in,dustriali sono motori di sviluppo perché suscitano attività complementari, permettono di abbassare costi e prezzi, provocano tutt'intorno un insieme di reazioni a catena. La capacità attiva del polo sta nella sua potenza di moltiplicazione, non solo in senso keynesiano, ma con un processo secondo cui unità e attività produttive si generano a vicenda, suscitando economie esterne monetarie. Elemento fondamentale del polo di sviluppo è l'industria motrice, in grado di creare flussi reciproci, diversificati, di natura verti77 Bi·bliotecaGino Bianco

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