Nord e Sud - anno XV - n. 104 - agosto 1968

Lanfranco Senn riportato in nota, la teoria dell'equilibrio economico generale è stata utilizzata anche co1me modello ipotetico perfetto di un'economia in evoluzione. Ma alcuni economisti (Myrdal, Scitovsky, ed in genere gli studiosi che hanno affro,ntato il problema degli squilib.ri dal punto di vista del commercio internazionale) hanno descritto i meccanismi dello sviluppo in modo da rendere l'ipotesi di concorrenza perfetta e l'ipotesi statica approssimazioni troppo lontane dalla realtà. Hirschmann sostiene che lo scopo di una politica di svilup,po deve essere quello di mantenere vivi, piuttosto che eliminare, gli squilibri. « Se si vuole - egli dice - che il sistema economico continui a crescere, è compito di una politica di sviluppo mantenere le tensioni, le sproporzioni e gli squilibri. L'incubo dello squilibrio economico, la tela di ragno che si svolge senza fine, sono il tipo di meccanismo a cui dobbiamo costantemente guardare come un grandissimo aiuto nel processo di sviluppo ». Per Hirschmann la sequenza che allontana dalla posizione di equilibrio costituisce proprio lo schema ideale di sviluppo, perché ogni movimento, in quella sequenza, è indotto da uno squilibrio precedente e a sua volta crea uno squilibrio successivo. La concezione dello sviluppo come catena di squilibri coincide con quella espressa da Perroux: « la crescita - egli scrive - è squilibrio; la creazione di un polo di sviluppo provoca un·a serie ·di squilibri economici e sociali ». Poiché scopo di una politica di sviluppo è tendere al- !' equilibrio, muovendo da una posizione inizialmente squilibrata, si deve promuovere una crescita anch'essa squilibrata, ma « di segno contrario » alla precedente. L'idea di Hirschmann e di Perroux, che lo sviluppo sia il risultato di una « catena di squilibri », introduce immediatamente il problema del come avviene concretamente la catena degli squilibri necessari allo sviluppo. L'intento degli studiosi si sposta quindi d·alla « diagnosi » degli squilib1i esistenti alla « prognosi » per superarli. In questo senso, la teoria dei poli costituisce una soluzione ai problerr1i dello sviluppo regionale. Sostanzialmente, essa sostiene che quando zione di capitale avviene esattamente nella misura di cui essa occorre per i rinnovi degli stocks esistenti. C'è di più: il concetto di formazione di capitale è un concetto tipicamente dinamico e non ha senso inquadrarlo in un periodo - breve o lungp che sia, ma sempre limitato -i perché si usa una logica dinamica sforzandola in uno schema teorico fondato sull'ipotesi statica. Si conclude pertanto che le semplificazioni statiche alla base della teoria non permettono di procedere nelle approssimazioni successive alla realtà, perché sono incompatibili con fatti economici di- . . narmc1. 76 - Biblioteca Gino Bianco

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