Giornale a più voci dal Parlamento che, sino a q11ando la Costituzione Repubblicana sarà in vigore, è l'unico organo che po sa emettere leggi il cui valore sia vincolante, invece che con una nuova legislazione, dicevamo, con proposte di incontrollata sperimentazione (che potrebbe valere solo ove preludesse alla più rivoluzionaria ed alla più valida delle riforme, cioè all'abolizione del valore legale del titolo di studio), il cui ultimo scopo è invece quello di sollevare la classe politica dalle proprie respon abilità, o con circolari ambigue come quella emanata dal ministro Gui nel maggio scorso, eh.e proponeva in tutta tranquil1ita d,i modificare ogni cosa, purché però si restasse nell'ambito della legge vigente! Fermo quindi restando (e ne vedremo ancora meglio più avanti la necessità) il principio dell'urgenza della riforma della legislazione universitaria, resta da vedere per quale motivo riteniamo che, riforma o non, la prossima ripresa dei corsi universitari sarà tutt'altro che tranquilla: la verità è, · come conferma del resto con testimonianze di prima mano, un « viaggio fra gli studenti ribelli », soprattutto p,isani, compiuto da Francesco Rosso, i cui servizi sull'argomento sono stati pubblicati nel mese di luglio da un quotidiano torinese, « La Stampa », la verità è, dicevamo, che quegli studenti che hanno capeggiato le agitazioni dell'inverno e della primavera scorsi, della riforma universitaria, intesa come miglioramento della situazione studentesca all'interno delle Università, intesa come rettifica dell'attuale ordinamento sui cui limiti, sui cui difetti, sugli abusi a cui dà luogo non è certo qui il caso di ritornare, della riforma universitaria, dicevamo, non gliene importa ormai proprio niente, ammesso che qualcl1e volta gliene sia importato. Il loro scopo, del re to in diverse occasioni dichiarato, è quello di usare l'Università, che a causa della irrespon abilità (quando non dell'incapacità) dei ministri democristiani che si ono succeduti, praticamente senza soluzione di continuità, nel palazzo della Minerva durante l'ultimo ventennio, è stata ridotta a punto più debole, e quindi più facilmente attaccabile, della nostra società o, per usare la parola di moda, del « sistema », è quello di usare l'Università, dicevamo, come un detonatore capace di fare poi esplodere tutto il paese, di provocare una rivoluzione generale dalla quale dovrebbe finalmente nascere quella mitica società perfetta che ormai, 11clleprospettive dei rivoluzionari di questi declinanti anni essanta, non è più neppure quella società comunista sovietica, mitizzata negli anni dal 1945 in poi, e che invece ora, a maggior ragione dopo i recenti avvenimenti dell'Europa Orientale, è rifiutata anche essa sdegnosamente. Lasciamo comunque perdere, visto che non rientra negli interessi immediati che ci sollecitano, il problema delle prospettive mitiche e rivoluzionarie (l'esempio della Francia, comunque, dovrebbe pur servire a qualcosa, quando niente a pensare) e ritorniamo alla questione da cui abbiamo preso le mosse:· visto allora che le parti più estreme del movimento studentesco cercheranno, per quei motivi di cui abbiamo detto, alla riapertura delle Università, sia stata o non, ripetiamo, approvata o per lo meno avviata la riforma, di provocare nuovamente una crisi, se possibile anche più grave di quella dello scorso 53 Bi.blioeca Gino Bianco
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