L'Opera inoperante zione dei pediatri italiani, dentro o fuori dell'ONMI, almeno quale causa principale della maggiore mortalità infantile in Italia, rispetto alle altre nazioni europee; come del resto non è attendibile l'ipotesi secondo cui la minore mortalità infantile in Italia, rispetto a quanto si verifica in Portogallo o in qualche altro paese, dimostrerebbe il più elevato livello culturale dei nostri pediatri rispetto ai pediatri di quei paesi. Se così fosse, noi dovremmo ritenere valida una analoga ipotesi sul piano regionale italiano; un'ipotesi che attribuisce maggiori meriti alla classe medica delle regio,ni a nord del Garigliano e del Tronto e più gravi colpe all'altra, a sud di quelli che abbiamo definito, nel citato articolo, « gli spartiacque dell'assistenza>>, ma che assumerebbero, in base a questa ipotesi, il valore di spartiacque della cultura medica; essi rappresentano in effetti i limiti geografici della mortalità infantile nel primo anno di vita, che al nord è di livello europeo, e nel Mezzogiorno molto vicina ai valori dei paesi sottosviluppati. Attraverso l'accurata lettura dell'ultimo Annuario Statistico Italiano, che riporta i dati completi relativi al 1966, possiamo constatare che l'indice di mortalità infantile in Italia va migliorando, ma persiste la sperequazione geografica, poiché i valori regionali, tutti eguali od inferiori al 30 per mille a nord del Garigliano, fatta eccezione per l'Umbria (che ha presentato un aggravamento, da 25,9 nel 1964 a 32,7 nel 1966), sono viceversa tutti superiori al 30 per mille a sud, fatta eccezione per gli Abruzzi (28,0); il che limita più recente1nente al so,lo Garigliano, per altro verso di grande importanza storica per l'Italia, il significato di confine di civiltà. · Ora, se fosse attendibile l'ipotesi di una responsabilità dei pediatri, dovremmo trarre conclusio·ni incredibilmente demoralizzanti sulle scuole pediatriche dell'Italia meridionale ed insulare, e guardare con sconcertata ammirazione alle scuole universitarie del Centro-Nord. Ma l'ipotesi è smentita dagli stessi dati statistici relativi alla mortalità per malformazioni congenite: questa risulta, in tutte le regioni italiane, livellata sui valori nazionali complessivi (3,4 nel 1964) con punte allarmanti, supe-- riori alla media nazionale, nella Val d'Aosta (7,8) e nel Veneto (4 ,O), che pure sono regioni con mortalità infantile complessiva piuttosto bassa (rispettivamente 32,3 e 27,1 nello stesso 1964). Dovremmo, forse dedurre da questi dati che in quelle due regioni i pediatri sono all'altezza dei loro compiti, mentre i cl1irurghi-pediatri (che hanno l'onere più pesante dell'assistenza di bambini malformati) avrebbero una preparazione pro~ fessionale nettamente inferiore a quella dei chirurgi-pediatri meridionali? O forse, seguendo l'opinione di Fornara, dovremmo pensare che al Nord si sa curare perfettamente una broncopolmonite od una gastroenterite, 37 · BibliotecaGino Bianco
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