Marisa Càssola volse effettivamente la vita di Puccini: Lucia, la figlia del guardacaccia, segretamente innamorata del padrone, viene accusata da Floria di aver insidiato la pace familiare; scacciata di casa e colta da una crisi di sconforto la ragazza sfugge all'ingiusto sospetto togliendosi la vita. È così che la tendenza di Michele a ritirarsi in un paradiso privato si rivela illusoria, scontrandosi con la realtà sempre rifiutata e temuta. Tuttavia l'episodio del suicidio, che ci si aspetterebbe colorito di tinte drammatiche, viene assorbito e come risucchiato nel flusso dell'esistenza quotidiana, riducendosi alle modeste proporzioni di un incidente banale, se pur doloroso e ineluttabile. Ed è proprio qui che possiamo rinvenire una sostanziale identità fra Benedetti e il suo personaggio: come la tragedia di Lucia resta ai margini dell'esperienza di Michele, non toccandone la sostanza più profonda, così l'ambientazione storica e il riferimento ad un fatto di cronaca che fece a st10 tempo rumore, forniscono allo scrittore solo lo spunto occasionale per mirare poi a ben altri intenti narrativi. In effetti lo scopo di Benedetti non è tanto studiare la realtà nei suoi aspetti contingenti, quanto proiiettare fuori del tempo ogni episodio, contemplando la storia nel suo svolgersi inarrestabile, nel flusso perenne degli eventi. Di conseguenza la vita della camp·agna è spiata, più che nei suoi aspetti esteriori, nei suoi palpiti nascosti, e nelle tracce app·ena percettibili che il tempo ha lasciato lungo i sentieri, attraversati nei secoili da boscaioli e da pastori, da girovaghi ed amb·ulanti. Per le impervie gole dell'Appennino· fu sempre un andirivieni di esuli, di fuggiaschi, di famiglie sparute cacciate sui monti dalla povertà; e le loro ombre sembrano ancora aggirarsi per la campagna, o rivivere nelle figure di nuovi viandanti, diretti verso il Nord per sfuggire a persecuzioni politiche e per trovare lavoro. Ma il paesaggio è anche sfondo di eventi misteriosi, quasi fiabeschi: i canapini serbano ancora i lo·ro antichi contatti con le streghe, la stessa bizzarra casa sulla collina, dove Michele ha preso ad abitare, fu creduta u11 tempo dimora dei fantasmi, e i valligiani giurano· di vederla ancora la notte animata da balli angelici. Sulle bocche di tutti corre la leggenda del diavolo, il signore dal piede forcuto, cl1e .giunge, perenne tentatore, a insidiare il passeggero, allettandolo con la promessa di ricchezze favolose o di viaggi in misteriose contrade. Come si vede questa volta la tendenza di Benedetti al saggismo e al moralismo ha ceduto il posto ad una scrittura magica ed allusiva, già presente nel clima dei suoi primi romanzi, ma mai affiorata con tanto impegno ed evidenza. Tutto vive nel Ballo angelico di arcane sospensioni, di fremiti nascosti, ed è proprio questo tipo dii narrazione che differenzia Benedetti da Cassola e dagli altri scrittori toscani che possono per altro verso essergli avvicinati; la scrittura di Cassala, infatti, pur mirando a ritrarre nello stesso modo il trascorrere del tempo nel suo «continuum» vitale e a rappresentare quello che Contini ha definito « l'assurdo quotidiano » è più oggettiva e nello stesso tempo più limpida e ferma; quella di Benedetti vale all'o·pposto soprattutto per le suggestioni che riesce a destare, e che restano sospese e vibranti nel fondo della pagina. 110 BibliotecaGino Bianco
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