Nord e Sud - anno XV - n. 104 - agosto 1968

Il disordine urbanistico Corte tocca per l'appunto la legge-ponte in alcuni dei suoi aspetti piu innovativi e qualificanti rispetto alla gestione urbanistica del passato (obbligo ai comuni di assicurare l'espansione urbana attraverso piani regolato,ri o piani di fabbricazione e vincoli posti alla edificabilità sulle aree attraverso gli standards urbanistici). Se infatti le amministrazio11i locali dovessero passare all'indennizzo immediato dei vincoli ci troveremmo di fronte ad una spesa pubblica dell'ordine di migliaia di miliardi. Tanto per fare un esempio, un calcolo approssimativo dell'Istituto Nazionale di Urbanistica valuta tale spesa a circa 600 miliardi di lire per il solo comune di Roma! Al di là di un dibattito sul merito, se sia cioè o·pportuno che i11 ques~i termini e in tale misura debbano gravare sulla collettività gli oneri per il controllo e l'attuazione di una buona pianificazione urbanistica, basta considerare lo stato di indebitamento delle finanze comunali e la vicina scadenza del 1° settembre, come termine ultimo stabilito dalla legge-ponte per l'applicazione di norme transitorie in attesa dell'adozione di piani regolato,ri da parte dei comuni obbligati, per avere un quadro immediato della situazione paralizzante e caotica in cui può venire a trovarsi, a breve scadenza, la realtà urbanistica del nostro paese. La sentenza della Corte Costituzionale sembra perciò svuotare di ogni contenuto i pochi faticosi tentativi che il potere politico ha fatto per affrontare in maniera sia pure episodica e parziale un rinnovamento della legislazione urbanistica. E in parte ciò è vero; ma in realtà la sentenza della Corte non ha fatto che mettere a nudo il carattere contraddittorio di quei tentativi e la loro ambiguità determinata dal generale ritardo con cui nel nostro paese ci si è posti il problema di un adeguamento legislativo e istituzionale ai mutamenti della società. Tutta la vicenda urbanistica italiana degli ultimi 10 anni è da questo punto di vista esemplare. Furono gli anni '50, con la sorprendente ripresa economica che si accompagnò a ingenti spostamenti di popolazione su tutto il territorio nazionale e ad una frenetica e incontrollata attività edilizia nelle aree di espansione u•rbana, a denunciare l'insufficienza degli strumenti urbanistici che avevamo a disposizione per controllare il tumultuoso svilup•po del nostro paese. Incominciarono a muoversi gli Enti e gli Organismi a carattere culturale, e in modo particolare l'Istituto Nazionale di Urbanistica, il quale, nel suo congresso del 1960, approvava un codice urbanistico che scaturiva dalla proposta di una riforma legislativa. L'avvio concreto alla riforma urbanistica, quello cl1e segnava una presa di posizione ufficiale da parte dei politici, si ebbe, dopo il tentativo della commissione Z_accagnini, il 28.3.1962 con l'insediamento della Commissione 9 ibli·oteca Gino Bianco

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