Le idee del tempo gran parte della grande industria lo temeva e lo avversava, perché il MEC avrebbe significato prima o poi la fine dei comodi ripari protezionistici dietro i quali molta grande industria it~liana. era abituata a vivere; mentre proprio per questo, oltre che come sicuro fattore di una sana espansione e promozione sia tecnica che produttiva dell'economia nazionale, il MEC era sostenitto da gran p·arte della sinistra italiana. Ma Kogan non solo non ricorda questo, bensì arriva, come s'è visto, a fare della grande industria la protagonista della lotta per il MEC e a rendere essenziale il movente della lotta alla sinistra (che qui sarebbe, poi, il comunismo), posponendo ad esso le stesse motivazioni prettamente europeistiche e federalistiche, che allora erano sulla bocca di tutti e che danno il vero significato politico di quell'episodio. E tutto ciò non vieta poi a Kogan di scrivere più avanti (pp. 178-179) che il successo del MEC' « permette di comprendere perché l'Italia sia stata una sostenitrice (di esso) più entusiasta di altri paesi membri e più desiderosa, special111entein confronto alla Francia, di convertire la coniun,ità economica in comunità politica»: la quale è un'osservazione giusta, eh.e però non avrebbe senso, se l'interesse italiano per il MEC fosse stato essenzialmente determinato dall'interesse aziendale della grande industria. Con. tutto ciò, il lavoro del Kogan rimane degno di meditazione. Le « conclusioni » che egli ha tratto dal racconto di un periodo così significativo della nostra storia nazionale appaiono, in particolare, interessanti e per molti versi accettabili. Kogan vede alcuni fenomeni dominare nel quadro generale: la « seconda rivoluzione italiana », la mobilità verticale e quella geografica della popolazione, l'estensione dell'istru.- zione elementare e secondaria, la sprovincializzazione sociale e culturale del popo.Zo italiano, la diffusione della radio e della televisione, il costituirsi di una lingua veramente nazionale, una lenta unificazione citlturale, l'elevazione del livello di vita, e così via. Un bilancio positivo, dunqite, che però Kogan accompagna col rilievo di molti aspetti negativi o di dubbio significato. L'indicazione di uno scarso « sviluppo della coscienza sociale e civica, per non dire del senso di solidarietà » (p. 267), può apparire ancora troppo generica, e forse legata ad uno schema nel quale un inveterato stereotipo lega ancora fra gli stranieri, e in specie fra gli anglosassoni, l'immagine del nostro popolo. Ma le altre notazioni che il Kogan sviluppa sulla stessa linea sono specifiche e degne di meditazione. <~ Venti anni di repubblica e un notevole progresso economico », egli scrive, « non avevano ancora creato il consenso sociale e politico necessario al riconoscimento dell'autorità dello Stato e delle sue istituzioni. Né il Parlamento, né il gover110, né la presidenza della Repubblica 70 BibliotecaGino Bianco -
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