Le idee del tempo sioni dell'ambasciata americana in Italia. e alle minacce di ritiro di con1messe americane nelle fabbriche i11cui la CGIL avesse riportato la maggioranza (pp. 112-114). Ora, a parte la 1naldestra condotta dell'ambasciatore americano in Italia in quegli anni, che era la signora Clara Boothe Luce, e a parte anche il fatto che ritiri di commesse americane così motivati non risultano provati, resta che il giildizio di Kogan è seniplicemente sorprendente per la sua manchevolezza, oltre che infondatezza. Gli osservatori più accorti' (e la nostra stessa rivista) n1isero allora adcguatame11te in rilievo che il calo elettorale della CGIL era dovuto in n1isura determinante alla introduzione in Italia di nuove tecniche sindacali, di cui la contrattazione aziendale era la forma più appariscerite e di cui il merito va onestamente riconosciuto soprattu.tto alla CISL. Un gra11 numero di lavoratori nelle elezioni sindacali non votava più per la CGIL, pur continiLando a votare per il PCI e il PSI nelle elezioni politiche, proprio perché aveva avvertito che si poteva giovare di metodi di lotta sirzdacale più snP.cifici e più efficienti. Tanto è vero c1ie la parziale ripresa della CGIL negli anni siLccessivi mosse proprio dalla sostanziale accettazione che essa fece di gran parte di quei nuovi metodi. Così con1e è vero cl1e anche negli anni seguenti, e fino ad oggi, la CGIL non hf!-più ripreso la p,osizione di prevalenza che aveva prima del supposto declino per opera dell'ambasciata americana; e co·me è vero che, grosso modo, la posizione della CISL a sua volta è rin1asta quale divenne dopo il balzo in avanti di quegli anni. Più avanti (p. 115) Kogan considera giustamente come « fornza di limitazir>ne poliziesca dei diritti costituzionali » il mantenimento, protrattosi r.osì a liL11go,della legislazione fascista sitlla residenza e sitl movi1nentn della 111anodopera. Senonché egli attribuisce ciò at clima politico italiano della n1età degli anni '50 e dime11tica di dire che al niante11i111entodi quella legislazione di fatto collaborarono potentemente, e non 1nolto occitlta1nente, le rappresentanze sindacali, d'ogni tipo e colore, della manodopera settentrionale, preoccupate della concorrenza che la nianodopera 111-eridionalepoteva esercitare sul mercato settentrionale del lavoro, se' fosse stato lasciato libero corso all'esodo dal Mezzogiorno. E che dire del giudizio secont;l,o il quale la costituzione del MEC fu « itn importante successo per la grande industria » (p. 136), nel quale « indubbia1nente essenziali erano la speranza e l'aspettativa che il Mercato comune contribuisse a proteggere l'Italia dalla minaccia interna di una aggressiva sinistra, continuamente in espansione» (pp. 137-138)? Scrivere ciò significa vera1nente alterare il significato di uno dei più importanti momenti della storia italiana contemporanea. Il MEC non fu affatto voluto in prima istanza dalla grande industria. È vero, invece, che una 69 BibliotecaGino Bianco
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