Nord e Sud - anno XV - n. 103 - luglio 1968

.. Giornale a più voci Comuni, Province, Regioni Quando si parla di « nuovo ordinamento », di attuazione delle regioni e via dicendo, mi sembra che si dovrebbe considerare il problema nella sua globalità, e non solo nel senso di dar vita alle regioni previste dalla Costituzione. Si dovrebbe, cioè, riconsiderare a fondo tutto il quadro degli Enti territoriali, dai più piccoli ai più grandi, nella loro eredità storica, nella realtà attuale, 11elle prospettive future. Ma qui è necessario limitarsi ad alcuni punti principali. Incominciando, da,ll'Ente più piccolo, il Comune, mi sembra che si debba fare una prima osservazione elementare, ed è questa: che in Italia esistono più di 8.000 comuni. Non solo, ma anche sotto questo aspetto esistono forti squilibri territoriali: si va dai circa 1.080 comuni della Lombardia ai 360 dell'Emilia-Romagna (a superficie uguale, e sia pure con una notevole differenza di popolazione); basta confrontare su una carta dei Comuni d'Italia la situazione della Calabria con quella della Puglia, o della Sicilia, quella del Piemonte con quella dell'Umbria, o della Toscana centro-meridionale, ecc. Si nota, in certe regioni, un'autentica polverizzazione dell'Ente comune; in altre, unità territoriali anche troppo estese (molti Comuni pugliesi sono più vasti di quello di Milano!); in poche, infine, un equilibrio che sembra già buono. In questo caso come si vede, non è questione di Nord o di Sud. Eredità storica, il Comune, certamente: minimo e fondamentale livello di autonomia locale; ma che senso hanno oggi migliaia di Comuni di pochi chilometri quadrati di superficie e di circa un migliaio, anche meno, di abitanti? I mezzi di comunicazione di cui disponiamo sono ben diversi da quelli dei tempi in cui si sono fonnate queste entità territoriali, mentre anche le funzioni che le amministrazioni sono chiamate a svolgere sono molto più numerose e complesse che in passato e tendono, necessariamente, ad aumentare. Come può una comunità di meno di 1.000 persone, tolti i troppo vecchi, i bambini, ecc. esprimere periodicamente ed alternativamente un'amministrazione all'altezza dei compiti ed effettivamente democratica? Analoga insufficienza corrisponde, naturalmente, nell'apparato burocratico, soprattutto negli elementi più qualificati, come segretari, tecnici comunali, ecc.; e ciò no,nostante, o forse proprio per questo, l'ente locale si trascina una pesante passività finanziaria. Sembrerebbe dunque evidente cl1e in molte regioni si debba iniziare un processo, quanto più auto.nomo possibile, di coagulazione, di fusione di trequattro-più unità co,munali per far luogo a nuove unità, più corrispondenti alla realtà attuale; anche l'economia di gestione sarebbe apprezzabile, ma il beneficio maggiore deriverebbe dalla maggior qualificazione e funzionalità. · Forse, degli 8.000 Comuni attuali, ne basterebbero 5.000 circa. Dal Comune alla Provincia. A questo riguardo condivido senz'altro le note tesi dell'on. La Malfa: quando ci fossero le amministrazioni regionali, quelle provinciali no,n .avrebbero ragione di essere. Questo non significa che l'entità Provincia non avrebbe un significato ter65 BibliotecaGino Bianco

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