Nord e Sud - anno XV - n. 103 - luglio 1968

' Recensioni riale di Bisanzio, s'infrange nelle province, ove le maestranze locali storicizzano i modelli costantinopolitani, convertendoli in nuovi tipi edilizi: l'indicazone regionale che ·ne emerge è tuttora valida, in polemico contrasto con l'internazionalismo meccanicistico contemporaneo. Analogamente, nell'oscuro processo di quantificazione senza sen•so né scopo che oggi viviamo, la rigoro 1 sa ricerca sp·aziale bizantina - di uno spazio cinetico, cioè temporalizzato, in cui architettura e decorazione si integrino - riveste una sorpren,dente attualità, non meno ,dello studio del dettaglio come elemento qualificante dell'opera architettonica. Quanto agl'invasi rupestri, la vocazione architettonica dei maestri italo-greci meridionali si manifesta in uno spregiudicato anticonformismo, quant'è possibile lontano dall'arte ufficiale di Bisanzio, raggiungendo talora accenti di sconcertante informalità. Al primo capitolo, dedicato alla storiografia architetto,nica bizantina ed ai problemi che tale produzione artistica pone agli studiosi (tra cui la questione delle origini, i rap,porti con l'architettura romanica, il ruolo di Costantinopoli, la spazialità bizantina, le cupole, il simbolismo e le teorie estetiche, etc.), segue un capito,lo dedicato ai mo,nasteri greci nel quadro storico dell'Italia meridionale del Medioevo, in cui si riassumono i risultati del•le indagini compiute sul fenomeno monastico in questi territori, rico,rdando il movimento migratorio dei monaci quale uno dei vettori delle idee architettoniche orientali. Si sottolinea il particolare sviluppo del monachesimo greco nell'Italia meridionale, sì che talune zone possano paragonarsi ai più famosi focolai dell'ascetismo e della religiosità cristiano-orientale o bizantina, quali l'Olimpo e il Latros in Asia Minore e l'Athos in Grecia (nel Sud d'Italia, il Mercourion, ai confini calabro-lucani, di discussa ubicazione). Il terzo capitolo è dedicato all'architettura rupestre e documenta le chiesette ipogee delle gravine pugliesi e materane, i sacelli del Vulture e gli episodi di chiese in grotta in Campania, mettendo in evidenza rappo,rti e diversità con le analoghe esperienze orientali, dalla Cappadocia alle Meteore, e ricordando la coesistenza delle diverse forme di monachesimo bizantino (eremo, laura, cenobio) contro la tesi della evoluzione dalla più semplice alla piu complessa. Nel capitolo dedicato alla Campania s'individuano le cause della sco1nparsa delle fabbriche medioevali napoletane, le cui scarse vestigia consentono, tuttavia, di con·statare come Napoli, e la Campania tutta, sia già in età paleocristiana un importante centro di ricerca figurativa ed architettonica, al pari di Milano, Roma e Ravenna, in rapporto con la costa settentrionale dell'Africa, con l'Asia minore e la Siria. Le componenti orientali nell'architettura can1pana dei primi secoli cristiani dimostrano questo assunto·, dalle basiliche cimiteliane, lungamente studiate dal Chierici, al battistero di Nocera, agl'inediti episodi di Policastro Bussentino, Padula, Giffoni e Prata: ma le influenze e presenze bizantine permango,no nella Campania alto-medioevale, com'è dimos_trato anche dagl'importanti epi.sodi di Benevento, Salerno, e Cap-ua: ciò consente di spiegare la lenta ed articolata genesi del romanico 121 BibliotecaGino Bianco

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