Nord e Sud - anno XV - n. 103 - luglio 1968

Franco Scaglia chia impediva al pubblico giovane di entrare nei ghetti, e gli spettacoli che ivi si svolgevano, erano quasi sempre senza spettatori, o con qualche osservatore della Gerarchia. Gli abitanti. dei ghetti sciolsero la riunione, sfiduciati e tristi. Si riuniro,no ancora, sempre di notte e sempre di nascosto. Si co,ntaro110. Erano pochi. Pensarono allora di chiamare in aiuto coloro che in tempi passati avevano abbandonato i ghetti, stanchi delle privazioni ed ora lavoravano attivamente per il benessere di Utopitalia. Costoro vennero alla riunione successiva, ma nessun problema venne dib1 attuto, poiché costoro si distinguevano troppo dagli abitanti dei ghetti: diversa lunghezza di capelli, diversa pulizia, diversi abiti, diverse sigarette. Così alla quarta riunione notturna gli abitanti dei ghetti si co-ntarono ancora, videro che erano pochi, e piansero lungamente. Ma uno di loro disse: « basta con il pianto, se dobbiamo essere co·ndannati al Grande Silenzio, lottiamo prima». << Come? » chiesero gli altri. La notte successiva agirono. Quando Utopitalia si risvegliò la mattina e seppe che tutti i teatri della Gerarchia erano stati occupati da quelli dei ghetti, forte fu da un lato, l'indignazione. Si auspicarono soluzioni altrettanto estreme. Ma i giovani di Utopitalia corsero nei teatri occupati ad aiutare quelli dei ghetti a resistere. La polizia, subito messa in movimento dalla Gerarchia, fu volta in fuga. Quelli dei ghetti cominciarono a· 1avorare nei teatri. Ma per loro che vi mancavano da tanti anni, ci furono momenti di grande confuisone. Non sapevano· da che parte cominciare. Saltavano per i lunghi palcoscenici, si abbracci,avano. La polizia fu respinta ancora. Ci fu qualche morto. Dopo la prima gioia, quelli dei ghetti si }asciarono prendere dall'ira. E distrussero platee e poltrone. Rimasero in piedi i palscenici. I giovani di Utopitalia aumentavano sempre di numero. Ma i ai giovani di Utopitalia non piacevano gli spettacoli di quelli dei ghetti. Questi grandi palcoscenici volevano qualco-sa di veramente nuovo. E il nuovo iniziò. Pensarono e produssero tutti insieme opere sulla situazione di Uto•pitalia, e le opere erano molte e interessanti. Il governo pressato dalla Gerarchia si preoccupò. I giovani vivevano ormai nei teatri. Fu mandato l'esercito. L'esercito usò le bombe. Morirono in molti. La Gerarchia fece questo comunicato: « Ristabilito l'ordine ci apprestiamo a ricostruire i teatri. Tutto ritornerà come prima, siatene certi ». Su cambiamenti. Dunque: il teatro che si fa oggi in Italia è inadatto ad una società che si definisce: « società in sviluppo ». È sopratutto inadeguato alla funzione che dovrebbe svolgere. Tale 106 BibliotecaGino Bianco

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