.. I Considerazioni intorno al teatro poi a disporre il tutto su un tavolaccio lungo dei metri, agghindato per l'occasione. Si può agghindare meglio o peggio. Si può far recitare le battute meglio o peggio. Il risultato è certo un risultato anticulturale. L'atto,re che esce dall'accademia, sapendo pochissimo, viene immediatamente posto di fronte alla Gerarchia e all'autoritarismo. Se no·n gli va cambi mestiere, che il teatro è sempre vissuto a quel modo, gli dicono. Così già nell'accademia l'attore viene costretto a perdere tutto ciò che aveva in testa quando decise di essere attore. Ora deve seguire il Maestro. E iniziare una lunga china al cui fondo c'è la mediocrità e la notorietà. Per l'attore non c'è nemmeno la speranza di diventare bonzetto-lametto. Lì ci vuole un'abilità da dirigente e nessuno gli ha insegnato a costruirsela. L'attore che non è pronto alle sollecitazioni autoritarie del Maestro, e nemmeno è disposto ad imparare come si reciti una buona parte in un buon spettacolo (spettacolo che non urti il pubblico dell'indice di gradimento, oppure, se proprio lo debba urtare, tale urto avvenga in modo già determinato e all'interno di una logica d'urto che se usata con capacità. « il dolce equilibrio », porta certo al successo), ha co1ne sbocco unico la Struttura 3a_ La Struttura 3a non ufficiale, ché in quella ufficiale la riproduzione della Gerarchia è sempre la stessa. L'attore disubbidiente rifiutando l'imposizione, e dunque l'integrazione, va a vivere in un ghetto, un ghetto di pochi metri quadrati, di cappuccini e di letti occasionali, di pubblico scarso e raramente pagante. Sono tutti, attori e pubblico, dei diseredati. Respirano libertà. Contestazione globale. Ma 110ndiventa tutto ciò un negare la vera funzione del teatro che è dapprima sociale e poi civile? Il ghetto può durare a vita. Se ne esce solo accettando la logica della Gerarchia. Oppure se ne esce sfiancati, troppe le privazioni e le delusioni, e si cambia mestiere. Utopitalia. Ma un giorno gli abitanti dei ghetti, nel paese di Utopitalia, seppero per puro caso, un messaggio smarrito, che la Gerarchia aveva deciso di impadronirsi dei ghetti, ripulirli, condannare loro al Grande Silenzio, e utilizzare i ghetti come laboratori per la sperimentazione della rilettura dei capolavori del passato: le commedie di Niccodemi, Giacosa, Forzano, Novelli, Lopez, Simoni, Benelli, Martini, Morseili, eccetera. Gli abitanti dei ghetti si riunirono di notte, ché nessuno della Gerarchia li vedesse o venisse a conoscenza del fatto. Gli abitanti dei ghetti si coi;itaro,no. Erano pochi. Nessuna· azione d~ forza potevano mettere in moto. Sarebbero stati immediatamente schiacciati. La Gerar105 Biblioteca Gino Bianco
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