I Giornale a più voci Al contrario, alle « lettere >> si attribuisce la funzione di ornamento dello spirito e, in generale, si dà loro un indirizzo informativo o estetizzante; esse esercitano, insomma, qt1ello che Salvemini chiamò « il dispotismo della cultura generale ». Perché hanno il compito pietoso di offrire il refrigerio della « humànitas >> anche a coloro che una sorte, considerata evidentemente ineluttabile per definizione dal legislatore, destina a lavori manuali o comunq·ue « inferiori », di rado si accenna al rigore scientifico che è il presupposto per la loro reale utilizzazione umana, oltre che, eventualmente, professionale. Così, il giovane che studia l'italiano senza sapere che esiste la filologia, e della storia ignora la problematica speculativa e critica, ricava, dall'esperienza scolastica in questo campo, nella migliore -delle ipotesi, solo una vaga nostalgia di approfondimento, che resta poi sterile; con queste premesse, infatti, non si forma una cultura; al più, si producono in serie consumatori per le collane di divulgazione e per i « capolavori » stampati a dispense. Da una scuola così strutturata, esce necessariamente una società in dissidio. Prima di tutto, infatti, tra gli studenti medi avviene una spietata discriminazione, per cui ai privilegiati è offerta la teoreticità, l'orientamento globale in vista -dei successivi studi accademici e, secondo la riforma Gentile, che per questo è ancora interamente operante, lo scettro della superiorità intellettuale, rappresentato dallo studio, ad essi solo concesso, della filo•sofia, mentre alla « gente meccanica e di piccolo affare » è lasciato l'apprendimento tecnico. Inoltre, entro la stessa categoria dei fortunati, ossia di quelli che po·ssono studiare senza la pressante necessità di lavorare subito, avviene la frattura tra le due culture, con un capovolgimento di posizioni che, dalla sup~riorità assegnata pri·ma alle « lettere», porta ad una altrettanto irrazionale venerazione per le << scienze». Chi, all'università, si dedica a queste ultime, ne comprende finalmente l'essenziale valore speculativo e, portando radicato in sé il concetto che delle materie letterarie si è fatto durante le medie, considera queste materie come attività dilettantesche che chiunque potrebbe svolgere, se ne avesse il tempo. Che gli studi filosofici, storici, filologici, siano altrettanto profondi e specialistici, ben pochi tra gli scienziati pensano, giacché dalla scuola, come si è visto, non lo hanno sufficientemente imparato. Chi poi approfondisce gli studi letterari, guarda tanto alle scienze quanto alle loro realizzazioni più clamorose, con una curiosità di rado più cosciente e vigile di quella di un qualsiasi lettore di rotocalchi. Nei riguardi di queste, insomma, assume un atteggiamento misto di ripugnanza ammantata di superiorità, residuo della precedente esperienza scolastica, e di inferiorità timorosa, -che davvero pare preludere a un futuro « regno dei tecnocrati » alla Lévy-Strauss. L'incomprensione non è perciò tra due culture, ma tra cultura ··e noncultura. Sia perché oggi a una parte della società. si riserva ancora la noncultura del tecnicismo strumentale che G. Preti nel suo Retorica e l.ogica 53 Bi.bliotecaginobianco
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