I La politica di sviluppo regionale nella esperienza italiana sue disponibilità di forza di lavoro, ma doveva conseguire se si voleva dare un economico impiego a detta forza; e ciò in virtù del seguente ragionamento. Occorre in primo luogo ottenere che la produttività della forza di lavoro già occupata aun1enti ad un saggio sostenuto, che si stimò allora non minore del 3,5%, se si vuole cl1e abbia successo la politica di integrazione europea e di crescente inserimento nell'economia internazionale che l'Italia persegue dalla fine dell'ultimo conflitto, in opposizione alla politica autarcl1ica seguita nel ventennio intercorso tra le due g11erre. ·In secondo luogo occorre tenere conto dell'aumento naturale delle forze di lavoro; queste forze di lavoro, soprattutto se ubicate nelle regio11i esterne al Mezzogiorno, e comunque a 1notivo della giovane età e del minor costo, sono le prime a trovare occupazione; posto che l'impiego di tali forze dia t111 apporto all'a11mento del reddito nazionale nella misura dello O,5<J;6, si viene a co11cludere cl1e solo se il reddito nazionale aumenta ad un saggio superiore al 4%, può cominciare la graduale eliminazione dello stato di sottoccupazione esister1te nel Mezzogiorno. Tenuto conto altresì delle possibilità di accumulazio,ne di capitale di cui il Paese poteva disporre, lo Schema valutava nell'l % il contributo che in via continuativa poteva essere dato all'aumento del reddito dal processo di sisten1atica utilizzazione delle eccedenze di forze di lavoro meridionali; veniva così a determinarsi nel 5% il saggio al quale il reddito nazionale non solo poteva aumentare, date le risorse di 1a'1oro disponibili nel Paese, ma, come già detto, doveva aumentare se si intendeva seriamente che quelle forze venissero progressivamente impiegate. Ora non è tanto l'ordine di grandezza dei saggi sopra indicati su cui interessa oggi soffer1narsi, quanto il criterio di politica economica che da questo schema di ragionan1ento si può tuttora dedurre. In sostanza, appare dall'esperienza italiana che la politica economica di un Paese a economia dualistica deve svolgersi in modo da garantire una determinata ripartizione del capitale di nuova formazione tra le due fondamentali destinazioni costituite dall'aumento della produttività dei già occupati e dalla creazione di nuovi posti di lavoro per i disoccupati, per i sottoccupati e per la forza di lavoro addizionale. La misura in cui questo secondo obbiettivo viene conseguito può molto variare a seconda della entità dell'inflazione da costi che ha luogo nel Paese; se tale tipo di inflazione assume un certo rilievo si producono i seguenti due fenomeni gravemente sfavorevoli per l'area sottosviluppata: · a) poiché l'inflazione da costi non è che l'effetto di un au1nento 85 Bibliotecaginobianco
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