Nord e Sud - anno XV - n. 101 - maggio 1968

I I Giornale a più voci Le mani sulle carni Le sedute che il Consiglio comunale di Napoli ha dedicato (verso la fine di marzo) alla discussione delle mozioni di sfiducia alla Giunta Principe - presentate dai liberali e dai comunisti dopo la rottura dell'alleanza tra DC e PSU alla Provincia - hanno riservato una grossa sorpresa. Una sorpresa non certo costituita dal fatto che le forze di centrosinistra alla Sala dei Baroni trovassero in se stesse la volontà, peraltro largamente scontata, e non soltanto la possibilità aritmetica, di respingere l'attacco congiunto, sia pure diversamente motivato, dell'estrema sinistra e della destra liberal-fascista; ma rappresentata dall'inattesa « sortita» del consigliere comunale dc (ex laurino) Vincenzo Cito. Egli, che pure in passato si era sempre mostrato riluttante a prendere la parola alla Sala dei Baroni anche quando le censure al suo operato di presidente dell'Unaem o della Cem salivano dai banchi della stessa Amministrazione di centrosinistra, questa volta, come ha subito affermato, non si è sentito di subire ulteriori « provocazioni ». Con la voce rotta dalla commozione. l'ex monarchico Cito (ormai consegnato alla più recente storia amministrativa ,di Napoli come colui che ha « messo le mani» sul macello comunale) ha detto, pressoché testualmente: « Sono di-- sposto a rassegnare le dimissioni da consigliere comunale, ma desidero, per la mia dignità di operatore economico e di padre, che si discuta in termini non infamanti delle carni. Ho agito come voi sapete perché credevo nella legge Fanfani; non sono io il capo della ca,norra: io ho lott,ato la canzorra dei mercati e sono disposto a dirvi come». Questo patetico intervento del presidente dell'Unaem a difesa della sua « 9norabilità » cli operatore economico, ha sorpreso per più aspetti; prima di tutto, però, perché Cito - pur essendo stato al centro di critiche ancor più serrate in precedenti sedute, e naturale destinatario di esplicite, circostanziate accuse tutte le volte che alla Sala dei Baroni si è avuta l'opportunità di denunciare i ·più scandalosi episodi di connivenza tra politica e camorra nell~area metropolitana di Napoli, oppure di constatare lo stato di degradazione di uno dei più importanti servizi pubblici, qual è il macello con1unale -- ha sempre ostentato una baldanzosa sicurezza ed ha lasciato cadere nel vuoto ogni contestazione ed ogni attacco anche quando contestazioni ed attacchi partivano non soltanto dai comunisti, ma da alcuni settori stessi dell'Ammistrazione; è rimasto sicuro di sé e delle sue « tutele » anche quando alcune forze politiche hanno proposto di trasmettere all'Autorità giudiziaria tutti gli atti relativi alla gestione del macello comunale. Nelle sedute di fine marzo (le ultime del Consiglio comunale prirp.a della sospensione per le elezioni politiche generali di maggio) l'ex co·nsigliere monarchico, passato nelle file democristiane, non ha retto: ai rinnovati attacchi ha tentato di replicare, ma la sua sortita non è riuscita neppure psicologicamente a inquadrarlo in una luce nuova; lo ha anzi tradito, perché è stata una sortita non solo patetica, ma intimidatoria, rivolta non tanto ai suoi censori (co,munisti e socialisti), quanto ai suoi tradizionali tutori (de59 ibli·oecaginobian~o

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