Nord e Sud - anno XV - n. 101 - maggio 1968

' ... I • GIORNALE A PIU' VOCI Sul libro di cultura::• Ognuno di noi si tro,va nella situazione di avere consumato, da qualche anno a questa parte, interi scaffali di studi sociolo,gici (spesso avvincenti) sulla cultura e i mezzi di massa, e sui rapporti ch'essi determinano fra scrittore, lettore ed editore. E queste poche osservazioni o meglio aspirazioni che io qui espongo (e che sono del resto abbastanza largamente condivise) danno come un presupposto già scontato il fatto che la sociologia mo,dema considera ingenua, utopi·stica, ogni aspirazione a dei mutamenti che no·n siano quelli già da tem.po previsti e determinati secondo una legge di svilup·po prefissa. Invece esiste, questa appunto la prima osservazione che vorrei fare, la fiducia che l'attuale situazione della cultura e dei mezzi di massa sia sforzata e provvisoria; che molte cose muteranno in base a im,provvisazioni e risorse della fantasia umana, che al momento ci sfuggono; e che, ad esempio, siamo· già ai limiti della crisi di un concetto di « produzione culturale » che si confonde con quello della vera e propria opera, dell'artista, dello scienziato etc ... Co·l risultato che mentre da un lato si tende a sommergere e soffocare l'opera originale dell'arte e del pensiero, no,n si riesce però dall'altro a fabbricare un prodotto di cultura ind11strializzato che sia variamente t1tile, sufficientemente popolare nel miglior senso. Il p·rodotto dell'industria cuiturale tende ancor sem,pre - come è stato cento volte notato• - a un falso innalzamento di livello, a un livello deteriormente borghese. Quello del « prodotto » culturale non è ir1 ogni modo il nostro terna, che concerne se mai il consumatore ed il produttore e, poiché queste parole sono, ripetiamo, inaccettabili, il lettore e lo scrittore. E cominciando da quest'ultimo, vorremmo citare un esempio che fra l'altro si riferisce al tipo di scrittore meno opinabile perché più chiaramente artigianale e disinteressato, e cioè il traduttore, e in particolare a un traduttore il cui nome è quasi dimenticato; e la letteratura italiana, che tanto gli doveva, non ha nemmeno speso qualche parola di commemorazione per la sua scomparsa avvenuta improvvisamente pochi anni fa, mentre egli tornava in Inghilterra da un convegno con vecchi compagni della Resistenza Italiana. La Resistenza era stata di fatto la grande esperienza di Archibald Colquohun, il quale, dopo la guerra, aveva cercato una nuova causa a cui dedicarsi, che fu l'impres~, rivelatasi più ardua del previsto, ,di far conoscere al mondo anglosassone, . I Promessi Sposi. Non esisteva in lingua inglese altra traduzione del capolavoro manzoniano che non fosse una introvabile e bruttissima, apparsa * Questo articolo corrisponde al testo della relazione tenuta da Elena Croce al Convegno « Una politica per il libro di cultura» (Roma, 23..2..4 aprile 1968). Di questo Convegno pubblicheremo nei prossimi numeri altre relazioni. 53 Bibiiotecaginobianco

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