I I comunisti italiani e l'analisi del capitalismo italiana condotta dal PCI. Il 10° congresso, tenuto - come sappiamo - nel 1962, si trovò, invece, ad affrontare il giudizio sul boom economico attraversato dal paese negli anni precedenti e giunto allora al culmine. Il congresso ammetteva le « profonde trasformazioni oggettive » verificatesi in I talla, con uno « sviluppo delle forze produttive », con « notevoli modificazioni strutturali », con « una nuova posizione del... paese nella competizione economica internazionale » e la sua trasformazione da paese agrario-industriale in paese industriale-agrario: tutto ciò espresso in indici e percentuali indiscutibili di investimenti, produzione e occupazione. Il congresso negava, però, decisamente che fossero stati « risolti i fondamentali problemi del lavoro, di un degno livello di esistenza delle masse lavoratrici, della particolare forma di sfruttamento a cui sono soggette le popolazioni meridionali, della emancipazione femminile ». La ragione del mancato superamento di queste deficienze strutturali veniva indicata nel « peso del sistema monopolistico» gravante sull'economia e sulla società italiana. A causa di esso si riteneva « aggravato » tra il 1950 e il 1960 « il distacco fra l'aumento del rendimento del lavoro e quello dei salari com- ,plessivi reali», con una « tendenza alla stagnazione e anche alla diminuzione della parte del reddito nazionale destinata ai lavoratori». Poiché però non si poteva negare « una certa tensione del mercato del lavoro nei grandi centri industriali» che appariva sollecitare « crescenti e tumultuose migrazioni di popolazioni verso questi centri», né si poteva negare « un certo elevamento -del livello di benessere materiale » e « una larga diffusione di nuovi consumi, di tipo più elevato»; ecco che « l'incremento dei consumi della classe operaia», veniva fatto derivare « p1 revalentemente dall'aumento dell'occupazione -- superiore all'aumento della popolazione, - dalla moltiplicazione dei redditi di lavoro nei nuclei familiari, dalle ore straordinarie e dalle forme di doppio lavoro». Anche così doveva, tuttavia, essere riconosciuto che, a partire dal 1960, « malgrado il peso crescente dell'aumento del costo della vita, le grandi azioni sindacali in tutti i settori fondamentali della economia » avevano impresso « una più forte dinamica ai salari individuali reali ». Nella « intensificazione dei ritmi, estrema parcellizzazione del lavoro, modifica delle qualifiche tradizionali, ecc. » venivano additati gli « aspetti nuovi » dello sfruttamento dei lavoratori a seguito « dell'azione che il padronato conduce per 1predeterminare unilateralmente tutta l'organizzazione del lavoro nella fabbrica», colpendo « la personalità, la dignità professionale, il potere di contrattazione, la partecipazione autonoma e consapevole del lavoratore al processo produttivo ». Una èritica parallela era poi condotta al « caotico processo di inurbamento» che aveva accompagnato l'espansione produttiva. Invariate, rispetto al congresso precedente, rimanevano le affermazioni sul « processo economico e sociale di subordinazione diretta e indiretta degli strati intermedi alle scelte dei gruppi monopolistici dominanti>>; e sulla « penetrazione di tali gruppi nell'agricoltura e nel processo di circolazione e distribuzione delle merci», per cui, anche « medianté la manovra ~el credito e dei 1prezzi e l'influenza sulla finanza e sulla spesa· statale, il capitale monopolistico giunge a prelevare una parte del reddito dei lavoratori formalmente indipendenti, a rastrellare una. quota del plusvalore 25 .Bibliotecaginobian·co
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