I Lettere al Direttore Certo, votare scheda bianca è, e spesso intende deliberatamente essere, una forma di protesta, che si esprime in sede elettorale e che viene ad affiancarsi alle altre, molteplici forme di protesta che si vanno manifestando sempre più ampiamente nel paese, al di fuori delle organizzazioni e degli schemi politici tradizionali, come anche, talvolta, 1all'interno di essi. Una protesta sterile? Anche questo non può darsi per scontato con tanta facilità e sufficienza. Dipende da molte cose e da possibili sviluppi che vanno ben al di là della manifestazione del voto: dipende, per esempio, anche dalla capacità e dalla prontezza delle forze politiche di sinistra a interpretare correttamente, in più ampio contesto di eloquenti fenomeni, questo tipo di voto - anziché ignorarli o disfarsene rapidamente con i giudizi affrettati e di comodo di chi non vuol vedere e non vuol sentire - e quindi a dimostrare, nell'azione politic:i concreta, se e quale funzione possano ancora avere le organizzazioni politiche attuali per la costruzione di una democrazia all'altezza delle esigenze e delle possibilità del nostro tempo. Non è 1nale ricordare che l'attributo di « sterilità» con cui ci si è spesso compiaciuti di gratificare questo o quel voto, così come anche altre manifestazioni di protesta politica, secondo valutazioni aprioristiche e preconcette, si è spesso trovato clamorosamente smentito dai fatti. Fino a non molti anni fa, per esenipio, si affermava essere « sterile » -· lo sostenevamo anche noi, ricorda, Professor Compagna? -· la protesta che si manifestava nei successi elettorali del PCI: un argomento polemico che oggi no·n trova più credito neanche tra i conservatori dichiarati. Così come sterili e velleitari sono stati ripetutamente definiti i movimenti pacifisti (anche in un articolo di «Nord e Sud» del marzo scorso, se non erro): quelli che, alimentati all'inizio da pochi vietniks scal1nanati (per usare il disptegiativo caro a Time) hanno poi finito per avere un loro ruolo tutt'altro che trascurabile negli sviluppi recenti della vita politica americana e delle vicende mondiali o che, in Svezia ed altri paesi scandinavi, hanno condizionato la politica estera dei rispettivi paesi. Perché ed in nome di che cosa, allora, si dovrebbe rinunciare ad esprimere questa volontà di protesta in sede elettorale? Ad essa l'editoriale di « Nord e Sud » contrappone l'esortazione, rivolta ai giovani, di pensare « alle centinaia di milioni di uomini che si considererebbero privilegiati se potessero fare 'a cambio' con loro, se cioè potessero diventare cittadini italiani: e questo malgrado le insufficienze, i difetti, magari gli scandali, della nostra società». Citare questo passo, lo amm_etto, è ver.amente una cattiva azione verso una rivista cui pure, un tempo, ero legato da sentimenti di amicizia: ma una cattiva azione che non si può risparmiare a chi, nello stesso editoriale, ha poi l'animo di parlare di ripugnanza del qualunquismo! Poiché questo modo di argomentare per rintuzzare la protesta - non credo davvero sia necessario procedere ad esemplificazioni - è ed è sempre stato, sotto ogni cielo, in ogni occasione ed in ogni contesto sociale, da que_llo minimo, famili'are, a quello delle comunità nazionali, il modo tipico del più vieto paternalismo autorita- • • rio e repressivo. Nessuno potrebbe pretendere di negare che la situazione della società 119 Bibiiotecaginobianco
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