Nord e Sud - anno XV - n. 101 - maggio 1968

I La politica di sviluppo regionale nella esperienza italiana convenienze di mercato non venisse troppo alterata; e, infine, è da tener conto che nella parte più ricca del Paese, senza distinzione di ceti, la sorte del Mezzogiorno è in generale, nei concreti atteggiamenti, se non nelle manifestazioni verbali, un no11 problema. Quanto all'azione ancora da svolgere, l'elemento più importante da tener presente è la possibilità che oggi si delinea di vedere eliminato il divario intorno al 1980. Ma è questa una ipotesi plausibile? Al riguardo giova ricordare che nel 1950, all'inizio dell'azione di sviluppo, il Mezzogiorno si presentava come una vasta area avente una popolazione di oltre 17 milioni di abitanti e una struttura economica caratterizzata da: a) un'agricoltura arretrata, cui era addetta una forza di lavoro eccedente di molto quella che vi poteva essere razionalmente utilizzata; b) un artigianato che nel corso del successivo sviluppo dell'area doveva in parte notevole dimostrarsi non in grado di evolversi verso efficienti strutture industriali; e) una industria limitatissima e per di più facente capo a forze imprenditoriali estranee alla regione. È possibile che un'area avente tali caratteristiche possa, nel giro relativamente breve di trent'anni, acquistare una struttura economica del tipo esistente nel resto dell'occidente europeo? Più precisamente, è possibile, in un periodo di trenta anni svolgere due processi, l'uno di accumulazione di capitale, l'altro di formazione del fattore umano e di istituzioni pubbliche e private in misura sufficiente per costituire una situazione di parità con quella esistente negli altri Paesi dell'Occidente europeo, Paesi, si noti, nei quali le due dotazioni vanno nel frattempo continuamente arricchendosi? Ora, anche. l'esperienza italiana sembra . indicare che l'accumulazione di capitale presenta in sostanza difficoltà meno gravi di quanto si potesse immaginare; non così la formazione del fattore umano nelle infinite specialità che sono richieste per un efficiente funzionamento della folla di enti pubblici e privati in cui è strutturata la moderna società industriale. Natisi poi che la formazione del fattore umano diviene più ardua man mano che il processo ,di sviluppo di un'area raggiunge fas:i più avanzate; non possono invece aumentare, e semmai diminuiscono, le difficoltà sollevate dal processo di accumulazione di capitale nei due momenti della formazione del risparmio e del suo impiego in impianti industriali e in infrastrutture. E aggiungasi che se è possibile con un sistema •di generosi incentivi supplire a insufficienze anche gravi del capitale disponibile, non vi è contributo, da parte della azione pubblica, che possa bastare a coprire gli oneri conseguenti a gravi ritardi nel processo di formazione del fattore umano e delle istituzioni pubbliche e private richieste da un moderno sistema produttivo. 113 Bibiiotecaginobianco

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